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Questo articolo è stato pubblicato il 04 dicembre 2011 alle ore 11:07.

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Una soluzione fin troppo semplice per non allettare i Governi alle prese con i conti in rosso: alzare le tasse sui redditi, magari quelli medio-alti, per far cassa e abbassare deficit e debiti. Una ricetta, in qualche caso accompagnata dall'inasprimento del prelievo sui consumi (come hanno già fatto in tanti, compresa l'Italia) o da un'imposta patrimoniale, adottata in molti Paesi. Gettito sicuro e immediato. Con il rischio, però, di deprimere la domanda interna.

Se il Governo Monti decidesse di portare l'aliquota Irpef più alta dal 43 al 45% (o al 46%), l'Italia si piazzerebbe alle spalle della sola Gran Bretagna tra le principali economie europee come livello dell'aliquota massima. Tenendo conto però del fatto che l'imposta marginale scatta a partire da redditi più bassi rispetto agli altri Paesi. La Gran Bretagna tassa al 50% i redditi oltre i 150mila euro, soglia doppia dei 75mila euro italiani, e i 250mila della Germania.

Rimane a livelli relativamente bassi l'aliquota marginale francese (41%). Tuttavia, all'inizio di novembre Parigi, tra le misure messe in campo nella manovra 2012, ha congelato l'indicizzazione all'inflazione delle fasce di reddito delle persone fisiche. L'effetto è di alzare la tassazione, senza toccare le aliquote. Lo stesso vale per la patrimoniale, le donazioni e le successioni. La misura vale 1,7 miliardi nel 2012 e 3,4 nel 2013. Il Governo ha assicurato che il provvedimento è temporaneo e resterà in vigore solo fino al 2013, quando prevede di riportare il deficit al 3%. Altre strette hanno toccato i redditi da capitale e l'Iva (quella minima, per alcuni settori, viene portata dal 5,5 al 7%). Non è esclusa però una nuova manovra correttiva, perché la frenata della crescita mette in forse gli obiettivi di riduzione del disavanzo, oltre che il rating tripla A.

Dopo le riforme varate dal Governo socialista dell'ex premier José Luis Zapatero, la Spagna non dovrebbe tornare a ritoccare i redditi delle persone fisiche, almeno stando alle promesse fatte in campagna elettorale dal neo primo mnistro Mariano Rajoy. Già alla fine del 2009, Madrid aveva alzato l'Iva ed eliminato le deduzioni generalizzate di 400 euro sull'Irpef (per circa 5,7 miliardi l'anno). Altro intervento nella Finanziaria 2011, che ha portato dal 43 al 44% la tassazione sui i redditi tra 120mila e 175mila euro e al 45% quella sui redditi più alti. Una misura più simbolica che di sostanza, visto che ha colpito 100mila persone.

La Germania, la prima della classe dell'Eurozona, può invece permettersi di viaggiare in contro tendenza e ha già varato una riduzione delle imposte sui redditi più bassi, per i quali tra il 2013 e il 2014 arriveranno tagli da sei miliardi.

Portando lo sguardo fuori dal Vecchio continente, negli Stati Uniti non è ancora tramontata la proposta del presidente Barack Obama di alzare il prelievo sui redditi più cospicui, alzando al 35% l'aliquota attualmente fissata la 33, e al 39,5% l'attuale aliquota massima del 35 per cento.

Fra i Paesi Ocse, l'Italia è già oggi il terzo per entrate fiscali (complessive), pari al 43,4% del Pil nel 2009. Il carico è più alto solo in Danimarca e Svezia. Lo ha recentemente attesto un rapporto dell'organizzazione parigina. La media Ocse è del 33,8% (la Francia è al 42,4 e la Germania è al 37,3).

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