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Questo articolo è stato pubblicato il 07 dicembre 2011 alle ore 15:24.

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Fine del potere segnata ma tenterà di tenere le redini del comando del clan dei Casalesi anche se tutto sarà più difficile visto che dal carcere non uscirà più. Al suo potere economico, finanziario, politico e sociale Michele Zagaria, l'ultimo vero leader latitante della camorra casertana, come lo ha descritto il sostituto procuratore nazionale antimafia Filippo Beatrice, catturato ieri a casa sua, Casapesenna, non rinuncerà del resto tanto facilmente anche perché lo scenario certo è quello di un tramonto del clan così come lo si era conosciuto dopo la scomparsa, nell'88 in Brasile di Antonio Bardellino di cui, passo dopo passo, Zagaria prese il posto.

Tenterà di tenere disperatamente serrate le fila a maggior ragione ora che - dopo gli arresti a catena e le decimazioni inferte negli ultimi anni al suo clan e alle famiglie Schiavone, Iovine e Bidognetti - la camorra casertana corre il rischio di una polverizzazione dell'ala militare dalle cui ceneri nascerà qualcosa di nuovo e di diverso rispetto al clan dei Casalesi dipendenti, innanzitutto, da Zagaria.

Sarà lui, dunque, nonostante il regime di carcere duro al quale sarà sottoposto, a tentare di vigilare su un potere ancora esteso e ampio anche se fiaccato. E sarà ancora lui a tentare di tenere impigliato nelle fitta rete di prestanome di cui dispone, il patrimonio economico che, dalla Spagna alla Romania, dalla Campania a Milano, passando per le casseforti Lazio ed Emilia Romagna, è ancora imponente nonostante la magistratura antimafia napoletana – guidata da Federico Cafiero De Raho – gli stia svuotando il portafoglio giorno dopo giorno. Nel solo 2010 i beni sottratti al clan dei Casalesi sono stati pari a 2 miliardi e non c'è da meravigliarsi visto che Zagaria, oltre ad essere uomo di profondi rapporti politici e sociali, è (era) anche la mente finanziaria dei Casalesi. Il boss-imprenditore come veniva spregiudicatamente chiamato in una terra spesso piegata ai suoi voleri.

E' lo stesso Cafiero De Raho – che in pochi anni è riuscito a creare a Napoli un pool coeso e professionalmente inattaccabile che ricorda per unità di intenti e risultati quello voluto e creato nell'83 a Palermo da Antonino Caponnetto – a proiettarsi nel futuro dopo un primo, legittimo e comprensibile sfogo entusiastico. "La cattura di Zagaria – dichiara al Sole-24 Ore – è una gioia immensa, un risultato eccellente che giunge dopo 16 anni durante i quali abbiamo, giorno dopo giorno, indagine dopo indagine, operazione dopo operazione, sgretolato il muro di omertà che lo ha protetto". Se si chiede a Cafiero De Raho come è stato possibile disgregare quel muro di omertà, risponde così: "Attraverso indagini mirate e pazienti condotte da pochissimi e fidatissimi uomini". Il segreto – soprattutto dopo che negli ultimi anni le forze investigative campane sono state attraversate da scandali e indagini – è proprio questo: un nocciolo duro di investigatori che non guardano in faccia a nessuno e, soprattutto, credono in quel che fanno.

Passata la sbornia, la Dda di Napoli è già sulle tracce degli ultimi fedelissimi di Zagaria che, come accade per tutti i capi, passa attraverso la rete familiare: innanzitutto figli e fratelli. Non avendo prole, l'attenzione sarà rivolta ai fratelli, due dei quali, Pasquale e Carmine, con il cugino Pasquale Fontana, sono stati arrestati il 1° dicembre nell'ultima di una serie di retate che hanno tolto ossigeno, fino a ridurla all'asfissia, alla "bombola" che teneva in vita la latitanza di Michele Zagaria.

Oltre a loro, fa però presente Cafiero De Raho, "ci sono i livelli intermedi che solitamente creano il ricambio naturale nei confronti dei boss arrestati. Anche in questa circostanza ci saranno dei capi designati". E, c'è da giurarci, la magistratura antimafia di Napoli non perderà un passo.

http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com

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