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Questo articolo è stato pubblicato il 08 dicembre 2011 alle ore 20:00.

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Josef AckermannJosef Ackermann

Una lettera contenente esplosivo è stata inviata al presidente della Deutsche Bank, Josef Ackermann, e intercettata ieri nella sede dell'istituto bancario a Francoforte. Lo hanno riferito oggi la polizia regionale del Land di Hesse e la procura della città. A rivendicarla è il gruppo Federazione Anarchica Informale. «Le prime indagini hanno dimostrato che la lettera- bomba era operativa e poteva esplodere», si legge in un comunicato della polizia dello stato di Hesse. «La polizia locale, in collaborazione con gli esperti anticrimine dello stato di Hesse, ha disinnescato l'ordigno». Gli inquirenti tedeschi, però, temono che vi siano altri due pacchi-bomba in circolazione, alla luce della lettera di rivendicazione inviata dal Fai. Nella missiva, infatti, la Fai sostiene di aver preparato «tre esplosioni contro banchieri banche zecche e sanguisughe».

Chi è il numero uno della Deutsche Bank
Ackermann, 63 anni, potente guru svizzero, banchiere di fiducia del Cancelliere tedesco, Angela Merkel, ha avuto un ruolo decisivo nella crisi della Grecia, mediando per convincere le banche ad accettare il taglio del 50% del loro credito verso Atene. È indagato, insieme ad altri tre dirigenti della Deutsche Bank, per falsa testimonianza e frode processuale nell'ambito del procedimento penale per risarcimento di danni al defunto magnate delle televisioni Leo Kirch.

Nel 2003 anche Prodi nel mirino dell'organizzazione
L'episodio di ieri ha rispostato alla memoria di tutti l'assassinio del presidente della Deutsche Bank, Alfred Herrhausen, il banchiere della riunificazione che sognava una Germania diversa, ucciso il 30 novembre del 1989 con una bomba telecomandata nei giardini di Bad Homburg, ricco sobborgo di Francoforte. La Fai non è nuova a episodi di questo tipo. Nel 2003, il gruppo rivendicò la responsabilità per la campagna dinamitarda che ebbe come obiettivo diverse istituzioni dell'Unione europea, in particolare a dicembre contro l'allora presidente Romano Prodi. La Fai affermò allora di aver voluto colpire «apparati di controllo/repressivi e protagonisti della messinscena democratica che saranno figure e istituzioni cardine del nuovo ordine europeo».

La rivendicazione inviata a Repubblica
Dopo l'attentato contro Prodi, la Fai inviò una lettera al quotidiano La Repubblica, sostenendo che essa si opponeva all'Ue rivelando che l'attacco era stato realizzato affinché «i maiali sappiano che le manovre contro di loro sono appena all'inizio per serrarsi contro di lui e altri come lui». Il 26 marzo 2010 fallì per l'innesco anticipato di un plico esplosivo un attentato organizzato ai danni della Lega Nord e le Poste Italiane intercettarono una lettera minatoria contenente un paio di proiettili, indirizzata al Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, in cui gli si preannunciava: «Farai la fine del topo».

Nel 2010 gli attentati contro le ambasciate
Il 23 dicembre 2010, due pacchi esplosero nelle mani degli addetti delle ambasciate della Svizzera e del Cile in Italia, ferendoli abbastanza gravemente. Gli attentati furono rivendicati dalla Federazione Anarchica Informale, mentre un terzo plico non scoppiò grazie all'accortezza di un addetto alla corrispondenza dell'ambasciatore di Grecia presso il Quirinale. Il 31 marzo 2011, poi, una lettera bomba ferì due donne negli uffici di Swissnuclear a Olten (Svizzera) ferendo due donne.

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