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Questo articolo è stato pubblicato il 09 dicembre 2011 alle ore 06:36.

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FRANCOFORTE. Dal nostro inviato
La Banca centrale europea ha dispiegato ieri un arsenale di misure molto al di là delle attese per fornire sostegno alle banche, il cui stato di salute sta rapidamente emergendo come una delle principali preoccupazioni dell'istituto di Francoforte nell'attuale crisi dell'Eurozona.
Le difficoltà di raccolta delle banche sono esemplificate dalle cifre diffuse ieri mattina dalla Bce: gli istituti di credito hanno fatto ricorso a prestiti overnight della Banca centrale per 9,4 miliardi di euro, l'importo più alto da nove mesi a questa parte, pur dovendo pagare un punitivo 2 per cento.
A dimostrazione, inoltre, della paralisi del mercato, sono stati depositati presso la Bce stessa 324 miliardi di euro, una cifra vicina al record della settimana scorsa. Le banche quindi non riescono a raccogliere fondi sul mercato e non si fidano a prestarli alle altre banche. Nei giorni scorsi era stato molto alto anche il ricorso ai nuovi finanziamenti in dollari a tre mesi concordati la settimana scorsa con la Federal Reserve, la prima mossa decisa in questi giorni dalla Bce per cercare di far arrivare maggiore liquidità alle banche.
Le misure cosiddette non convenzionali annunciate ieri dalla Bce a sostegno delle banche sono andate oltre le aspettative della vigilia. Due aste, la prima delle quali il prossimo 21 dicembre, la seconda a febbraio, offriranno finanziamenti illimitati e a tasso fisso alle banche per 36 mesi. Finora la Bce si era spinta a un massimo di 13 mesi. La prima di queste aste sostituisce quella a un anno già annunciata a ottobre.
Inoltre, verrà ampliata la gamma di collaterale che può essere offerto a garanzia di queste operazioni e che cominciava a scarseggiare: per esempio, attività cartolarizzate (Abs) con un rating più basso, fino a singola A. Le banche centrali nazionali potranno accettare, temporaneamente e sotto la propria responsabilità, anche prestiti bancari, che soddisfino determinati criteri.
Infine - ed è una mossa senza precedenti, che dovrebbe liberare circa 100 miliardi di euro, secondo le prime stime diffuse ieri - è stata ridotta, a partire da gennaio, dal 2 all'1% la riserva obbligatoria. Questo libererà collaterale e sosterrà l'attività del mercato monetario, ha detto il presidente della Bce, Mario Draghi.
Sui mercati finanziari diversi commentatori osservano che gli ampi interventi per fornire liquidità al sistema bancario in una situazione in cui la raccolta è estremamente difficile e per sbloccare il mercato monetario sono certamente positivi e possono contribuire a curare i sintomi del problema. Ma sottolineano come alla radice della crisi bancaria e del congelamento del mercato monetario e dell'interbancario ci sia l'intreccio fra lo stato delle banche e la crisi del debito sovrano.
Ci sono soprattutto i dubbi sul portafoglio di titoli di Stato delle banche e sulla tenuta soprattutto di Paesi come Italia e Spagna, il cui debito ha un peso rilevante nei bilanci bancari. E questi dubbi sono stati alimentati ieri anche dal rifiuto della Bce ad aumentare i propri acquisti di debito dei Paesi periferici o di intervenire per mettere un tetto ai rendimenti delle loro obbligazioni. La Bce tuttavia vede il proprio ruolo come un prestatore di ultima istranza per il sistema bancario (le banche solventi, ha precisato in un'altra occasione il presidente Mario Draghi), ma non degli Stati.
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