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Questo articolo è stato pubblicato il 09 dicembre 2011 alle ore 06:37.

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Tutto da rifare. Gli effetti positivi sui BTp della maxi-manovra del Governo Monti sono stati quasi interamente annullati ieri, in un colpo solo, dal dogmatismo della Banca centrale europea, dalla perseveranza dell'Autorità bancaria europea (Eba) e dalle divisioni tra i leader europei a Bruxelles. Ieri sera i BTp decennali italiani, secondo i dati di Bloomberg, sono infatti tornati a offrire sul mercato un rendimento superiore a quello dei Bund tedeschi di 4,42 punti percentuali: spread che è solo leggermente più basso rispetto ai 451 punti base di venerdì scorso, prima che il Governo Monti presentasse la manovra da 30 miliardi.
In un pomeriggio, insomma, l'Italia si è rimangiata tutti i benefici della manovra che – a costo di enormi sacrifici per la popolazione – aveva portato lo spread al livello più tranquillo di 373 punti base. L'effetto Mario (Draghi) ha annullato l'effetto Mario (Monti): i tassi d'interesse che l'Italia deve pagare sul debito pubblico sono dunque tornati alti. E il conto sarà salato: nel 2012 – secondo le stime del Tesoro – la spesa per interessi dello Stato aumenterà di 16,8 miliardi di euro rispetto al 2011.
Dalla Bce all'Eba
Ieri mattina gli investitori si erano alzati con una speranza: che la Banca centrale europea, oltre a tagliare i tassi d'interesse e a facilitare il ricorso ai finanziamenti per gli istituti di credito, annunciasse o quantomeno ventilasse una svolta nella sua politica di sostegno ai titoli di Stato. «Il mercato sperava che la Bce lasciasse intendere di essere disposta a fare di più nell'acquisto di titoli di Stato dei Paesi in crisi», confessa un operatore. Ma questo non è accaduto. Anzi: il presidente della Bce Mario Draghi, durante la conferenza stampa iniziata alle 14,30, ha detto l'esatto opposto. L'effetto è stato immediato. Lo spread tra BTp e Bund, che all'inizio della conferenza stampa di Draghi era a 382 punti base, è subito salito: in mezz'ora è tornato sopra quota 400 e in sole due ore è arrivato a 424 punti base. Erano le 16,30.
A quell'ora è stata un'altra notizia a diffondere nervosismo sui mercati. L'Autorità bancaria europea (Eba), ha comunicato le nuove necessità di capitale delle banche europee: rispetto ai 106 miliardi di euro stimati il 28 ottobre scorso, ora l'Eba chiede agli istituti di credito più capitale per 115 miliardi di euro. Nove miliardi in più. Questo ha fatto tremare i mercati: se le banche europee devono aumentare il proprio capitale così tanto – temono gli investitori –, il rischio è che riducano l'attività bancaria. Insomma: il rischio è che chiudano ulteriormente i rubinetti del credito a famiglie e imprese, pestando ancora più duro sull'economia reale. Questo timore ha fatto crollare i titoli bancari in Borsa, e ha fatto salire ulteriormente lo spread tra BTp e Bund tedeschi: dai 424 punti base delle 16,30 ai 442 della chiusura.
Torna la febbre ai BTp
Tutto questo è accaduto alla vigilia del vertice, iniziato ieri sera dopo la chiusura dei mercati, tra i leader europei. Anche in questo caso le aspettative degli investitori sono ampie: l'Europa da un lato deve trovare la quadra per incamminarsi verso la convergenza delle politiche fiscali, dall'altro deve trovare un accordo per aumentare i poteri della Bce oppure per rafforzare i vari meccanismi di salvataggio degli Stati. Per dirla con le parole di un trader: «Il mercato si aspetta che questa volta qualcuno ci metta i soldi».
Nell'attesa, e nel timore che questo non accada, gli investitori si sono accaniti sui titoli di Stato: i decennali spagnoli hanno aumentato lo spread sui Bund tedeschi di 48 punti base a quota 374 (i rendimenti sono saliti al 5,75%) e quelli francesi hanno accresciuto il differenziale di 22 punti base a quota 132 (con i tassi d'interesse al 3,32). Ma i titoli più penalizzati sono stati i BTp italiani. I decennali, alla fine della giornata, hanno aumentato lo spread di 55 punti base e sono tornati, come detto, a quota 442: questo significa che per trovare compratori, i BTp devono offrire 4,42 punti percentuali di rendimento in più rispetto ai Bund tedeschi. Devono insomma pagare un tasso d'interesse lordo del 6,43%. Tanto. Troppo. Lo spread è salito in maniera ancora più violenta per i BTp a due anni: l'aumento è stato di 60 punti base a quota 577. Segno che le tensioni aumentano. Che la febbre sale. Solo da Bruxelles può arrivare la medicina.
m.longo@ilsole24ore.com
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La «gara» tra BTp e Bund a dicembre: dalla cura Monti all'effetto Bce
Il grafico a fianco mostra i rendimenti dei BTp decennali italiani dal primo dicembre a ieri, e li confronta con i rendimenti dei Bund tedeschi. La differenza tra i due rappresenta il cosiddetto «spread»: questo termine indica, infatti, il tasso d'interesse che l'Italia è costretta a pagare in più rispetto alla Germania per emettere titoli di Stato decennali. Lo «spread», insomma, è il differenziale sui titoli di Stato tra i tassi italiani e quelli tedeschi. Come si vede, ieri lo spread è tornato quasi al livello di venerdì scorso (il 2 dicembre): quello era il giorno prima della presentazione della manovra da 30 miliardi del Governo Monti. Lunedì, dopo l'annuncio della manovra, lo spread era sceso notevolmente a 373 punti base: questo significa che il rendimento dei BTp italiani (5,93%) era 3,73 punti percentuali più elevato di quello dei Bund tedeschi (2,20%). Ieri lo spread è risalito quasi ai livelli pre-manovra.

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