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Questo articolo è stato pubblicato il 12 dicembre 2011 alle ore 15:24.

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L'economia sul Bosforo corre a ritmi cinesi e di nuovo sorprende superando ogni stima, mettendo a segno un tasso di crescita impressionante, in un momento in cui i Paesi vicini di Europa e Medio Oriente sono sull'orlo di una nuova recessione. Secondo i dati ufficiali, il Pil turco nel terzo trimestre è cresciuto dell'8,2%, oltre le attese degli analisti di un più 6,6% e dopo il più 8,8% del secondo trimestre. Su base trimestrale la crescita è dell'1,7%, mentre nei primi nove mesi dell'anno l'espansione è del 9,6%: un ritmo che ha convinto il ministro dell'Economia Zafer Caglayan a rendere noto che la crescita quest'anno sarà superiore all'8% e almeno del 4% il prossimo.

Dati migliori del previsto anche per il deficit corrente, il tallone d'achille dell'economia turca, che nei primi dieci mesi dell'anno è quasi raddoppiato a oltre 65 miliardi di dollari, ma a ottobre frena a 4,2 miliardi, sotto le attese di un livello di 5 miliardi, dai 6,8 miliardi di settembre.
Sotto accusa la poco ortodossa politica monetaria della banca centrale turca, che invece di alzare i tassi di interesse per raffreddare i consumi interni e l'economia aumenta le riserve obbligatorie per le banche. Troppo poco: così la lira è sempre più debole, l'export corre ma anche i consumi interni e l'indebitamento delle famiglie. Insomma un'economia troppo surriscaldata che preoccupa gli investitori internzionali che si limitano a puntare sugli hot money, investimenti a breve.

Così i mercati sono rimasti cauti: la lira turca ha perso terreno e la Borsa ha girato in negativo, sull'onda dei timori per l'economia globale e le ricadute sul Bosforo.

Il ritmo della crescita sorprende gli economisti, che in qualche caso hanno rivisto al rialzo le stime per il 2011, ma gli analisti sono divisi sul reale significato dei dati. «L'economia turca non si può fermare. Il dato sulla crescita trimestrale dell'1,7% è stato una vera sorpresa, ci aspettavamo una crescita minima», dice al Wsj Ozgur Altug, economista di BGC Partners nel suo ufficio al 16° piano della torre tutta uffici a Istanbul. Royal Bank of Scotland afferma che Ankara continua con «tassi di crescita in stile asiatico», ma non ci sono grandi segnali di miglioramento significativo del deficit corrente, che a fine anno è visto al 10% del pil. Troppo elevato.

A favorire la crescita c'è anche la stabilità politica con il premier Recep Taiyyp Erdogan saldamente al potere all'inizio del terzo mandato. Certo la crescita turca fa una certa impressione sullo sfondo di ciò che accade nei Paesi dell'Unione europea alle prese con piani di consolidamento fiscale, come la vicina Grecia, dove l'ex premier socialista George Papandreou ha chiesto ai suoi cittadini di ispirarsi al modello turco per uscire dalla crisi. Il boom economico è anche alla radice del nuovo successo (il terzo consecutivo) alle elezioni del 12 giugno scorso del premier Recep Tayyip Erdogan, che consolida il suo ruolo di leader regionale con qualche tentazione autoritaria, come quella di mettere mano anche in settori estranei all'attività del Governo come le nomine dell'accademia della scienza e cultura turca.

Goldman Sachs però è cauta e pronostica "hard landing" per l'economia turca. Eccessivi preoccupazione? Forse, ma andando in profondità qualche timore c'è. Il dettaglio per settori mostra una crescita con basi ampie, con un più 10,6% per le costruzioni, un più 8,9% per il manifatturiero e un più 15,8% per il comparto finanziario. I consumi privati, che hanno alimentato finora il rimbalzo astronomico dell'economia turca dalla recessione del 2009 grazie al credito facile, sono aumentati del 7 per cento. Ma qualche economista sottolinea che i dati del terzo trimestre sono superati, dopo che la Banca centrale si è mossa a ottobre per serrare i cordoni del credito, ampliando il corridoio dei tassi per le banche e drenando liquidità. Capital Economics commenta che «se i dati di oggi sono migliori del previsto, pensiamo che i prossimi trimestri saranno peggiori. I dati non rispecchiano ancora l'impatto della stretta sulla politica monetaria da fine ottobre. I tassi interbancari sono saliti e questo con tutta probabilità indebolirà ancora la domanda interna, restringendo l'accesso al credito».

Ben più pesante il giudizio di Goldman Sachs, che pronostica un atterraggio pesante dell'economia turca con una bella recessione, causata dal'impatto della crisi dell'eurozona sull'export di Ankara. La Turchia «subirà una recessione tecnica tra fine 2011 e inizio 2012» secondo l'economista di Goldman Ahmet Akarli, uno dei migliori conoscitori della realtà sul Bosforo. «Prevediamo un rimbalzo nella seconda metà del 2012, sull'onda di una relativa normalizzazione dell'eurozona». Ma «l'elevato effetto base del 2011 significa che nel 2012 con tutta probabilità il Pil subirà un netto calo».

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