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Questo articolo è stato pubblicato il 15 dicembre 2011 alle ore 15:50.

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Con la crisi meno voglia di concorrenza nella UeCon la crisi meno voglia di concorrenza nella Ue

C'è un'aria di insofferenza verso le regole del mercato e soprattutto la concorrenza tra le società nella crisi montante dei debiti sovrani dell'Eurozona. Il calo dei profitti societari a causa della frenata dei consumi interni a loro volta trascinati dalle severe politiche di austerità e dal credito sempre più selettivo spinge a chiedere deroghe e pause di riflessione o ammorbidimenti temporanei alle severe regole antitrust dell'Unione europea. Qualche esempio?

A iniziare le danze è stata ancora una volta la Grecia che prima ha chiesto il via libera a Bruxelles alla fusione tra le sue due compagnie aeree, Egean e Olimpic Airways, ottenendo un secco rifiuto per l'operazione che avrebbbe di fatto eliminato la concorrenza nei voli interni, ma che ora vede un nuovo fronte: quella della telefonia mobile in grave difficoltà.

La crisi economica di Atene sta convincendo i maggiori players a chiedere una pausa di riflessione nella concorrenza nelle tlc. Un Ttme out per la concorrenza nei telefonini in Grecia. Deutsche Telekom e Vodafone, dopo aver perso un combinato complessivo di ben 6,4 miliardi di dollari dai loro investimenti in Grecia, stanno spingendo sui regolatori locali perché permettano alle aziende di telefonia mobile di fondersi per mantenere la redditività mentre il Paese è nel quinto anno di recessione, con un -5,6% quest'anno e un -2,6% l'anno prossimo. Più di due mesi fa il gigante inglese Vodafone ha iniziato colloqui per una potenziale fusione della sua unità greca con quella di Wind Hellas, (ex STET, ex Tim, e ora proprietà di fondi di investimento) ma le società devono ancora raggiungere un accordo che dovrebbe poi passare al vaglio dei regolatori greci. Una fusione dei due operatori, il secondo e terzo del mercato, creerebbe un duopolio con il leader del mercato Ote, al 40% di Deutsche Telekom. «Se non lo approvano, presto ci sarà una nuova società fallita sul mercato», ha detto Michael Tsamaz ceo di Ote. Unico problema: l'attenuazione della concorrenza in Grecia. Ma anche la Ote dice di preferire due grandi competitor che una miriade di piccoli soggetti la cui fine è quella di finire nelle mani di fondi di investimento dopo politiche commerciali aggressive per conquistare quote di mercato. Che cosa farà Bruxelles? Il test ellenico è molto importante come segnale generale.

Austria. Anche la pacifica Austria ha modificato una legge per permettere di limitare l'acquisizione di società di infrastrutture austriache da parte di stranieri non europei, una mossa che può proteggere Telekom Austria da una potenziale acquisizione dal miliardario egiziano Naguib Sawiris. Una nuova clausola nella normativa sul Commercio estero del Paese ha stabilito che l'acquisto di una quota pari o superiore al 25% richiederà l'approvazione da parte ministero dell'Economia, a meno che l'investitore sia dell'Unione Europea, dello Spazio economico europeo o in Svizzera, secondo le legge approvata dal Parlamento di Vienna il 15 novembre a tambur battente.
La legge, che si applica alle società di telecomunicazioni, utilities, protezione civile, aziende della difesa e della sicurezza, ferrovie e università, prevede che in caso di «messa in pericolo e nell'interesse della sicurezza pubblica», acquisizioni possono essere bloccate o possono essere poste delle partecolari condizioni.
La nuova legge potrebbe bloccare l'acquisizione di Sawiris di una quota "sostanziale" in Telekom Austria e potrebbe anche ostacolare la International Petroleum Investment Co. di Abu Dhabi di aumentare dal 24,9% la sua partecipazione nella compagnia petrolifera OMV AG, come ha riportato il quotidiano Salzburger Nachrichten. «Non c'è nulla che ha fatto scattare la nuova legge», ha detto senza troppa convinzione Waltraud Kaserer, una portavoce del ministero dell'Economia. «Ci stavamo pensando da un po' a introdurre questa limitazione».
Il Governo austriaco possiede il 28% di Telekom Austria e il 31,5% della società petrolifera OMV. Resta comunque un preoccupanete segnale di arrocco.

BRUXELLES. Anche la Commissione europea sta valutando con cautela e prudenza la situazione della concorrenza nel settore bancario. Ai primi di settembre al Workshop Ambrosetti a Cernobbio Joaquin Almunia, commissario alla concorernza, ha annunciato che «le banche europee rischiano di aver bisogno di procedere a ulteriori rafforzamenti delle loro basi patrimoniali, (come poi si è avverato) e ha avvertito come Commissario europeo alla concorrenza, che per questo ha annunciato che chiederà di «prolungare oltre il 2011» i meccanismi con cui i vari paesi possono fornire assistenza agli istituti di credito. «Ovviamente», ha precisato il commissario, le banche dovrebbero innanzitutto cercare di finanziarsi sui mercati e «assumere tutte le iniziative possibili, come cessioni di controllate e tagli ai dividendi, prima di tornare ad attingere ai sistemi pubblici». Parole di buon senso che nascondono qualche preoccupazione. «Il peggioramento della crisi sui debiti pubblici, il suo impatto su un sistema bancario fragile e le continue tensioni sui mercati di rifinanziamento, tutto questo - ha affermato durante un successivo incontro il 20 settembre a Bruxelles - indica la necessità di ulteriori ricapitalizzazioni per le banche», oltre a quelle già evidenziate per i nove istituti che non hanno superato i passati stress test in Europa.
Secondo Alberto Mingardi dell'Istituto Bruno Leoni, il 28 ottobre ha rilanciato la necessità di una nuova sferzata di concorrenza anche in un momento di crisi economica. Risponendo a un domanda sulla necessità di dare più poteri all'Antitrust rispondeva: «Davvero pensiamo che l'economia italiana abbia bisogno di un poliziotto della concorrenza meglio armato? Credo che il problema sia a monte: non che la concorrenza sia "sregolata" laddove c'è, ma che la concorrenza proprio non si vede in interi settori!».

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