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Questo articolo è stato pubblicato il 21 dicembre 2011 alle ore 06:36.

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BRUXELLES. Dal nostro corrispondente
Si conferma irta di ostacoli la trattativa su un accordo intergovernativo che metta nero su bianco una nuova disciplina di bilancio nell'Unione europea. Ieri si è tenuta a Bruxelles una prima riunione tecnica, con l'obiettivo di discutere un primo progetto di trattato internazionale in occasione dell'Eurogruppo del 23 gennaio. Un successivo Consiglio europeo dedicato a crescita e occupazione è stato convocato per il 30 gennaio.
Le delegazioni dei 27 si sono limitate ieri a un primo giro di tavolo (il Regno Unito che per ora ha deciso di non firmare l'accordo è stato invitato come osservatore). Molti Stati hanno da ridire su numerosi punti di una bozza resa pubblica venerdì. Prima di tutto la Germania. Berlino vorrebbe collegare in un modo o nell'altro il nuovo trattato sulla disciplina di bilancio con il trattato che crea il fondo di stabilità europeo Esm. Addirittura il Governo tedesco vorrebbe inserire nell'accordo sull'Esm un articolo che vincoli l'utilizzo di eventuali aiuti finanziari alla ratifica del trattato sulla disciplina di bilancio. «Il tentativo è di offrire alla propria opinione pubblica un pacchetto solo, che sia rassicurante: solidarietà in cambio di regole. Comprensibile, ma ricco di complicazioni, e direi anche rischioso», spiega un negoziatore.
Molti Paesi sono contrari. Non vogliono che un trattato diventi ostaggio dell'altro; temono che la richiesta tedesca rallenti ulteriormente i negoziati in un momento delicato in cui un fondo di stabilità solido diventa indispensabile per affrontare le probabili tensioni finanziarie dell'inizio del 2012, quando Governi e banche saranno chiamati a rinnovare debito in scadenza per centinaia di miliardi di euro.
Mentre la Francia insiste perché l'idea di una graduale convergenza fiscale emerga con maggiore chiarezza, l'Italia vede con sfavore l'articolo 4 del nuovo trattato secondo il quale i Paesi con un debito superiore al 60% del Pil devono ridurlo in media di un ventesimo all'anno. Roma vorrebbe che l'impegno tenesse conto di "fattori rilevanti", così come è scritto nella recente riforma del patto di stabilità.
Alla discussione di ieri hanno partecipato anche tre membri del Parlamento. Al liberale belga Guy Verhofstadt non piace la scelta di permettere ai Paesi di citare i partner davanti alla Corte di Giustizia sull'adozione o meno della regola sul pareggio di bilancio nelle Costituzioni nazionali: «So che i Trattati lo consentono. Ma la trovo una strada molto pericolosa» che rischia di mettere gli Stati membri l'uno contro l'altro. Il democristiano tedesco Elmar Brok invece ha insistito sulla necessità di evitare contraddizioni tra il nuovo accordo e il Trattato di Lisbona. Infine, l'italiano Roberto Gualtieri (del gruppo socialista) ha detto di temere che il negoziato sul nuovo accordo «sarà un esercizio più lungo del previsto». Il programma prevede che i Governi preparino emendamenti scritti entro fine anno in modo da aggiornare una bozza che sarà discussa a livello politico a fine gennaio.
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I NUMERI
26
Londra si autoesclude
I Paesi che hanno aderito all'accordo di Bruxelles del 9 dicembre scorso che fissa i termini del nuovo patto di bilancio tra gli Stati dell'area euro con sanzioni quasi automatiche e regola del pareggio di bilancio in Costituzione. Solo il Regno Unito si è chiamato fuori
150
Obiettivo mancato
Il prestito al Fondo monetario approvato da 13 Paesi della zona euro. I fondi serviranno a rafforzare il paracadute anti-crisi. L'obiettivo era di arrivare a 200 miliardi ma il Regno Unito per ora si è sfilato

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