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Questo articolo è stato pubblicato il 22 dicembre 2011 alle ore 19:49.

La Fondazione Teatro alla Scala ha fatto un ulteriore importante passaggio tecnico verso l'autonomia: l'approvazione dello statuto necessario per il riconoscimento del nuovo status giuridico. Un sospiro di sollievo per il sovrintendente che non più tardi di due settimane fa ha lanciato un accorato appello per il futuro della prestigiosa istituzione. Oggi infatti si è riunita l'assemblea della Fondazione per discutere la bozza di statuto approntata in conformità alle disposizioni previste dal regolamento attuativo (DPR 19 maggio 2011 n.17) della legge Bondi sulla riforma della fondazioni lirico-sinfoniche.

L'assemblea ha approvato la bozza di Statuto a maggioranza con la sola astensione, per prassi, del ministero per i Beni e le attività culturali e della Provincia di Milano e, successivamente è arrivato il via libera del Consiglio di amministrazione. La bozza verrà quindi sottoposta alla valutazione del Ministero, per ottenere il riconoscimento della Forma organizzativa speciale.

E così dopo decenni di frustranti auspici, questo progetto arriva finalmente a compimento. Il primo a parlare di autonomia della Scala è stato Paolo Grassi, il sovrintendente che nel 1972 ha sostituto il suo storico predecessore Ghiringhelli (che era in carica dalla ricostruzione del teatro dopo la Seconda guerra mondiale). Grassi, già fondatore, con Giorgio Strehler, del Piccolo di Milano, ha sempre portato avanti l'idea del teatro come bene pubblico, non riservato solo a pochi fortunati. E lo ha fatto anche con la Scala, tempio mondiale del teatro d'opera, che ha lasciato nel 1977 per diventare presidente della Rai.

Quarant'anni dopo, l'attuale sovrintendente Stephane Lissner, porta a compimento il sogno di Grassi dopo una lunga attesa che si è conclusa grazie a due passaggi fondamentali. Il primo, nel maggio 2010, il decreto Bondi di riforma degli enti lirico-sinfonici. Il secondo, nel maggio 2011, il via libera definitivo del Consiglio dei ministri al primo regolamento attuativo di questa legge Bondi, che prevede una forma organizzativa speciale per i teatri virtuosi: la Scala di Milano e l'accademia di Santa Cecilia a Roma.

Ma quali sono i vantaggi? In pratica i due enti non saranno sottoposti alla tagliola e alle incertezze del Fus (fondo unico dello spettacolo) e potranno contare su contributi triennali garantiti e programmare i cartelloni in tutta tranquillità. La legge parla infatti di «erogazione del contributo statale sulla base di programmi di attività triennali corredati dei relativi budget preventivi». E, in caso di eventuali tagli alla cultura, garantisce fondi «almeno pari alla percentuale conseguita dalla medesima fondazione in occasione dell'ultima assegnazione precedente» all'autonomia. Un secondo vantaggio dell'autonomia è «la facoltà» di negoziare direttamente con i sindacati «un autonomo contratto di lavoro che regoli all'unico livello aziendale» tutte le materie dell'intesa nazionale.

Per ottenere questi vantaggi, la Scala ha dovuto rispettare alcuni rigorosi parametri artistici ed economici imposti dal Mibac: specificità della fondazione nella storia della cultura operistica italiana; assoluta rilevanza internazionale; eccezionale capacità produttiva; pareggio di bilancio per almeno quattro volte consecutive negli ultimi cinque esercizi; rilevanti ricavi propri; significativo e continuativo apporto finanziario da parte di soggetti privati; capacità di attrarre sponsor dal 2008 in poi; entità dei ricavi provenienti da vendite e prestazioni non inferiore, nell'ultimo bilancio approvato, al 40% dell'ammontare dei fondi governativi.

Quali sono i numeri della Scala? Il 2011, budget di 108 milioni di euro, si concluderà con 262 alzate di sipario; sei bilanci di fila in pareggio; 26 milioni di euro tra contributi privati e sponsorizzazion; ricavi da biglietteria, abbonamenti e altri guadagni propri per 36,1 milioni (contro 28-30 in arrivo dal Fus).

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