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Questo articolo è stato pubblicato il 23 dicembre 2011 alle ore 06:36.

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FRANCOFORTE. Dal nostro corrispondente
C'era un tempo in cui la pecora nera dell'Unione europea era la Polonia dei fratelli Kaczynski. Oggi il ruolo spetta all'Ungheria del primo ministro nazionalista Viktor Orban. Non passa giorno ormai senza un botta-e-risposta tra Bruxelles e Budapest. Lo scontro politico giunge in un contesto economico delicato, e a pochi giorni dall'entrata in vigore di una discussa riforma costituzionale.
Ieri la Commissione europea ha nuovamente richiamato all'ordine il governo ungherese che ha presentato di recente un progetto di legge di modifica dello statuto della banca centrale ritenuto non in linea con i Trattati. Il presidente dell'esecutivo comunitario José Manuel Barroso «ha chiesto che il testo venga ritirato. Stiamo ancora aspettando una risposta dalle autorità ungheresi», ha detto il portavoce Olivier Bailly.
Il progetto di legge - che dovrebbe essere messo al voto del Parlamento la settimana prossima - è particolarmente controverso. Prevede tra le altre cose che i vice governatori vengano nominati dal primo ministro e non in seno all'istituto monetario e che il numero di membri degli organi direttivi vengano aumentati. Ieri a criticare il progetto di legge è stata anche la Banca centrale europea.
Un altro testo legislativo prevede la fusione tra banca centrale e autorità di vigilanza dei mercati, che potrebbe diluire i poteri del governatore. Il 1° gennaio poi entreranno in vigore modifiche alla Costituzione che secondo molti osservatori comportano una riduzione delle libertà fondamentali. Vi sono stati cambiamenti alle leggi che regolano la stampa e le attività religiose, così come riduzioni ai poteri della magistratura.
Il braccio di ferro che il primo ministro Orban ha deciso di avere con le autorità comunitarie sorprende. C'è evidentemente il desiderio da parte di Orban, a capo del partito populista Fidesz, di cavalcare i sentimenti nazionalisti dell'opinione pubblica in piena crisi finanziaria. Ma fino a che punto può durare il braccio di ferro? Il paese ha disperatamente bisogno dell'aiuto della comunità internazionale.
Dopo aver rifiutato per mesi il sostegno del Fondo monetario internazionale, l'Ungheria ha accettato di discutere con l'Fmi un pacchetto di aiuti. Le trattative a tre, con il Fondo e la Commissione, sono state però interrotte la settimana scorsa per decisione di Bruxelles proprio per protestare contro le scelte politiche di Orban. Non è chiaro quando riprenderanno formalmente.
Standard & Poor's ha annunciato mercoledì una nuova revisione al ribasso del voto sovrano ungherese, a BB+ (nella categoria junk, come già Moody's) citando una crescente sfiducia sulla politica economica del governo. Ieri un'asta di titoli a un anno ha visto il rendimento salire a 7,91% da 7,29% due settimane fa.
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