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Questo articolo è stato pubblicato il 23 dicembre 2011 alle ore 14:46.

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Valerio Spigarelli (Fotogramma)Valerio Spigarelli (Fotogramma)

«L'intento del ministro Severino è apprezzabile, ma il decreto sulle carceri, se resta come è, avrà un effetto trascurabile, come è già successo la legge del 2010 sulla detenzione domiciliare». Il presidente dell'Unione Camere Penali, Valerio Spigarelli, ricorda che la precedente legge "svuota carceri" ha fatto uscire 4mila persone, al posto delle 11mila annunciate. E prevede affetti ancora più blandi per il decreto messo varato dal Consiglio dei ministri lo scorso 16 dicembre.

Che impatto avranno le misure del Guardasigilli nel sistema carcerario?
Assai limitato. Secondo i dati dell'osservatorio carceri dell'Ucpi, ne usufruirebbero 3.500 detenuti. Ben poca cosa a fronte di un sistema che sopporta un affollamento di 68mila persone quando la capienza è di 45mila. Per renderlo efficace vanno eliminate molte preclusioni oggettive e soggettive.

Nel decreto è previsto che il fermato o l'arrestato anziché andare in carcere sia trattenuto nelle camere di sicurezza di polizia e carabinieri. Lo stesso ministro della giustizia Paola Severino ha ammesso che non tutte sono attrezzate. Ma al di là della logistica, temete anche possibili violazioni del diritto di difesa?
Sì. È meglio che l'arrestato non resti nella disponibilità di chi ha eseguito l'arresto, per evitare, ad esempio, il rischio di domande fatte in assenza del legale. Senza arrivare ai casi di cronaca, in cui si sono ipotizzate violazioni molto più gravi, è già un'ipotesi da evitare. Visto che lo stesso ministro ha sottolineato la necessità di mettere mano alle strutture esistenti, perché inadeguate, sarà meglio spendere gli stessi soldi per cercare soluzioni di accoglienza a ridosso dei tribunali. Come avviene adesso a Milano. Anche qui, va sottolineato che la strada è quella giusta ma la soluzione no.

Accanto al decreto il Consiglio dei ministri ha varato anche un disegno di legge che prevede, tra l'altro, la possibilità di usufruire delle misure alternative per i reati puniti con pene non superiori ai quattro anni. Neppure questo può servire?
Avrebbe un effetto assolutamente virtuale. Già ora, per quel tipo di reati, anche grazie alla condizionale, si evita il carcere. Per vedere dei risultati è necessario stabilire il limite sulla pena effettivamente irrogata, quindi sulle condanne effettive a quattro anni.

Ma se già così alcuni partiti hanno paventato il rischio di avere i criminali di nuovo per la strada?
Mai allarmismo fu più ingiustificato. Numeri alla mano è dimostrato che chi usufruisce delle misure alternative, dai domiciliari all'affidamento in prova, non torna a delinquere. La percentuale di chi lo fa non è neppure paragonabile a quella di chi non ha avuto la possibilità di accedere alla legge Gozzini.

Il ministro Paola Severino che, come sua collega, conosce bene il diritto, ha affermato che la riforma del codice penale e di procedura sarebbe ambiziosa, ma non praticabile a causa dei tempi concessi a questo governo. È un "particolare" a cui si può ovviare?
È una posizione realistica, ma la revisione dei codici è indispensabile. Da quella del codice penale, in particolare dalla revisione del sistema sanzionatorio, dipende l'effettività della pena ma anche il reinserimento previsto dalla Carta.

A proposito di riforme. Proprio ieri avete messo a punto una delibera (si legga il testo sul sito di Guida al diritto) , inviata al presidente del consiglio Mario Monti, oltre che ai presidenti di Camera e Senato, per chiedere che la riforma dell'ordinamento sia affidata a una legge e non a un regolamento come previsto dall'articolo 33 del decreto "Salva Italia". Che cosa vi aspettate che faccia il premier?
Intanto che ci ascolti, non è possibile non parlare con gli avvocati, e magari interloquire solo con i magistrati quando si parla di giustizia. Poi ci aspettiamo che tuteli l'autonomia e l'indipendenza dell'avvocatura. Perché se questo non avverrà la protesta sarà forte. Molto forte.

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