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Questo articolo è stato pubblicato il 24 dicembre 2011 alle ore 08:11.

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Ecco dove sono finiti i soldi che le banche del Vecchio continente hanno preso in prestito mercoledì dalla Banca centrale europea: sono ritornati alla Banca centrale europea. Gli istituti di credito ieri, giorno in cui hanno effettivamente incassato i prestiti di Francoforte, hanno infatti depositato in Bce 346,9 miliardi di euro: 82 miliardi in più rispetto al giorno precedente.

Dato che questi sono depositi overnight (che durano cioè una notte), il dato parla da solo: 82 miliardi dei 489 erogati dalla Bce mercoledì sono tornati a Francoforte. Si tratta del record dal giugno 2010, quando le banche si rifugiavano a Francoforte perché impaurite dalla crisi greca. La domanda è: perché oggi fanno la stessa cosa? Le interpretazioni possono essere due: una ottimista, una pessimista.

Bicchiere mezzo pieno
Secondo molti addetti ai lavori era fisiologico che le banche depositassero parte della liquidità prelevata in Bce presso i "conti correnti" della stessa Bce. Il prestito di mercoledì era infatti di durata triennale: era impossibile che già il giorno dopo le banche impiegassero tutta la liquidità. È come se una persona vincesse alla lotteria: per prima cosa metterebbe i denari in un conto corrente, poi – piano piano – li investirebbe.

L'aumento dei depositi in Bce, in quest'ottica, andrebbe dunque interpretato come un semplice parcheggio in vista della fine dell'anno. Per capire se questa lettura dei fatti sia quella giusta, bisogna dunque aspettare le prossime settimane: se i depositi in Bce dovessero piano piano diminuire, significherebbe che quello di ieri era effettivamente solo un parcheggio momentaneo.

Bicchiere mezzo vuoto
Se invece non dovessero calare, avrebbe ragione chi vede nell'aumento dei depositi Bce il fallimento della politica della stessa banca centrale. Gli istituti di credito, in effetti, registrano una perdita quando depositano i propri denari a Francoforte: i "conti correnti" in Bce sono infatti remunerati al tasso dello 0,25%, mentre i finanziamenti della stessa Bce costano alle banche un interesse dell'1%. È dunque illogico prendere denari in prestito al'1% per depositarli dove si guadagna solo lo 0,25 per cento.

Questa illogicità, secondo alcuni, è dunque spiegabile in un solo modo: le banche preferiscono perdere, piuttosto che rischiare a prestare quei denari a qualche altra banca o a qualche impresa. Insomma: hanno ancora paura. Se questo fosse vero, si vanicherebbe in gran parte l'effetto benefico della maxi-immissione di liquidità della Bce: se il denaro non riprende a circolare, la situazione non migliora. Se la Bce sarà costretta a fare per sempre il surrogato del mercato, la crisi non passa.

Mal comune...
In attesa di sapere chi abbia ragione, non si può non constatare che in America la situazione non sia affatto migliore. Le banche Usa nel corso del 2011 – secondo i calcoli di Mps Capital Services – hanno in media depositato alla Federal Reserve (con una remunerazione allo 0,25%) ben 1.400 miliardi di dollari: attualmente le cosiddette «riserve in eccesso» si avvicinano ai 1.500 miliardi, dai circa mille di gennaio.

Anche le imprese americane sembrano voler tenere il denaro sotto il materasso: attualmente hanno 2.100 miliardi di dollari di liquidità, pari al 14% degli asset finanziari in portafoglio. Anche gli indicatori del mercato interbancario in America segnalano tensioni. Segno che la crisi bancaria non è solo europea. Segno che l'imponente massa di liquidità che le banche centrali hanno immesso sul mercato ancora non circola: né in Europa, né in America.

m.longo@ilsole24ore.com

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