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Questo articolo è stato pubblicato il 27 dicembre 2011 alle ore 06:39.

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Secondo Natale di sangue per la Nigeria: ieri il Papa, il segretario generale dell'Onu e i leader di diversi Paesi hanno espresso la propria condanna e lanciato appelli perché questa ennesima strage non sia dimenticata. «La violenza è una via che conduce solamente al dolore, alla distruzione e alla morte: la riconciliazione e l'amore sono la via per giungere alla pace», ha detto all'Angelus Benedetto XVI esprimendo «profonda tristezza» per un «gesto assurdo». È stata un'ondata di attentati, il più grave rivendicato da Boko Haram, gruppo islamico di ispirazione talebana: nell'esplosione sono morte almeno 35 persone, uccise al termine della Messa di Natale nella chiesa cattolica di Santa Teresa a Madalla, non lontano dalla capitale, Abuja. Un'altra chiesa è stata presa di mira a Jos, nello stato centrale di Plateau, un poliziotto ucciso; il terzo episodio è una sospetta autobomba nel Nord-Est, a Damaturu, all'ingresso di un'edificio governativo, quattro le vittime.
Le autorità nigeriane puntano il dito su Boko Haram ma non solo: «Cerchiamo anche oltre - ha detto ieri alla France Presse un portavoce della polizia, Richard Oguche - perché altre persone che mirano a destabilizzare il Governo potrebbero compiere queste cose nel nome di Boko Haram». Negli ultimi mesi gli attacchi islamici in Nigeria - divisa tra un Nord prevalentemente musulmano e un Sud cristiano - si sono fatti più frequenti e sempre meglio organizzati, una violenza condannata ieri dal presidente Goodluck Jonathan, mentre il suo consigliere per la sicurezza nazionale Owoye Azazi chiariva che «lo spargimento di sangue è compiuto da un gruppo i cui obiettivi non hanno niente a che vedere con alcun dettato religioso». Si sospetta un legame tra Boko Haram e altri gruppi estremisti, tra cui il "ramo" nordafricano di al-Qaida.
Ieri l'amministrazione Obama ha offerto collaborazione al Governo nigeriano per trovare i responsabili della strage di Natale «e portarli davanti alla giustizia», come ha dichiarato il portavoce della Casa Bianca Jay Carney. Le vittime di attentati terroristici in quest'ultimo anno sono state centinaia e dal 22 dicembre a oggi è di 72 morti il bilancio degli scontri ingaggiati a Damaturu tra le forze di sicurezza nigeriane e i militanti.
Boko Haram ufficialmente rivendica l'estensione a tutta la nazione della sharia, attualmente in vigore in modo non rigido in 12 dei 36 Stati confederati che compongono la Repubblica federale di Nigeria. Boko Haram fu fondata dall'imam Mohammed Yusuf nel 2002 nel Nord-Est, dove la setta ha ancora le principali roccaforti e fa i maggiori proseliti. Nel luglio del 2009 l'esercito nigeriano effettuò la prima, vasta operazione che portò all'uccisione di 800 terroristi e alla cattura di Yusuf stesso, morto pochi giorni dopo in una stazione di polizia. Da allora Boko Haram da dichiarato la "guerra santa" al Governo centrale e il conflitto si è esteso fino alla capitale, una volta l'unico luogo in cui lo Stato riusciva a far sentire la propria esistenza.
«Abbiamo fatto tanto per incoraggiare e promuovere una vita di armonia e di rispetto vicendevole con la comunità musulmana - ha detto ieri monsignor John Olorunfemi Onayekan, arcivescovo di Abuja - dobbiamo cercare, comunque, di continuare a sperare che, malgrado episodi come questi, vale la pena di proseguire sulla via del dialogo e della riconciliazione. La grande maggioranza dei nigeriani - musulmani e cristiani - vuole vivere in pace, insieme».
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I TALEBANI NIGERIANI
Boko Haram
La traduzione del nome è "l'educazione occidentale è peccato": Boko Haram, la setta islamica che ha rivendicato gli attentati di Natale (nella foto), si ispira ai talebani afghani e ha l'obiettivo di introdurre nell'intera Nigeria la sharia. Il Paese, una Repubblica federale composta da 36 stati, è diviso tra Nord musulmano e Sud cristiano

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