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Questo articolo è stato pubblicato il 30 dicembre 2011 alle ore 09:08.

L'ex calciatore Luigi Sartor è stato interrogato ieri per sei ore (Ansa)L'ex calciatore Luigi Sartor è stato interrogato ieri per sei ore (Ansa)

Conclusa la prima tranche di interrogatori nell'inchiesta bis sul calcio-scommesse condotta dalla Procura di Cremona. Si riprenderà l'11 gennaio, quando sarà sentito Cristiano Doni. Presto, però, altri 15-20 giocatori, anche di Serie A, citati negli interrogatori di questi giorni, saranno iscritti nel registro degli indagati, come ha lasciato intendere il Procuratore capo, Roberto di Martino.

Ieri, è stato ascoltato Luigi Sartor, ex giocatore di Inter, Parma e Roma, rinchiuso nel carcere di Cremona dal 19 dicembre. Per gli inquirenti Sartor sarebbe il contabile del gruppo dei "bolognesi", capeggiato da Beppe Signori, e uno dei trait d'union con quello degli "Zingari" e quello di "Singapore". Sartor, che era stato l'unico che davanti al gip Guido Salvini si era avvalso della facoltà di non rispondere, avrebbe accettato di fornire la propria versione dei fatti, pur senza ammettere specifiche responsabilità. Avrebbe negato, in particolare, la paternità dei conti cifrati scoperti in Svizzera e collegati dalla Procura a lui e Signori.

Rispetto alla prima fase dell'inchiesta Last Bet dello scorso maggio, in questo secondo troncone c'è da registrare un netto cambio delle strategie difensive. Cambiamento che si spiega sia con la mole di prove nel frattempo raccolte dalla Procura lombarda – su quello che viene definito come una sorta di insider trading in ambito sportivo – grazie alla cooperazione internazionale, sia per l'ampiezza dell'impianto accusatorio che, per molti degli imputati (tra cui Sartor, Carlo Gervasoni, Filippo Carobbio e Alessandro Zamperini), adesso si articola su due fronti.

Al reato di associazione per delinquere finalizzata alle frode sportiva è stata aggiunta l'aggravante del reato "transnazionale", introdotta in Italia nel 2006 (legge n. 146) e, di solito, applicata alle organizzazioni mafiose o a casi di terrorismo. Tecnicamente contestare il reato transnazionale ha, infatti, due pesanti conseguenze. In primo luogo, permette anche la confisca per equivalente, vale a dire che in caso di condanna tutti i beni appartenenti ai colpevoli possono essere espropriati e non solo quelli direttamente frutto degli illeciti.

In secondo luogo, si può arrivare a un forte incremento della pena detentiva. Alla sanzione prevista per il reato base di associazione per delinquere (da uno a cinque anni), infatti, va sommata quella per l'aggravante collegata al numero degli associati superiore a 10 (un terzo della pena base) e appunto quella derivante dal reato transnazionale (da un terzo alla metà della pena base). Si potrebbe, dunque, facilmente superare la soglia dei tre anni sotto la quale sono previste generalmente misure alternative alla prigione. La prospettiva di finire in carcere in caso di condanna definitiva diventa meno remota, anche per i semplici "partecipanti" al gruppo criminale.

A meno che non si opti per soluzioni come il patteggiamento e il rito abbreviato che determinano sconti di pena o prevalgano le circostanze attenuanti. Ipotesi che però sembrano poco compatibili con la gravità delle valutazioni della Procura accolte dal Gip Salvini. Perchè l'attività criminale non si è interrotta dopo gli arresti di maggio. Ma soprattutto perchè, come si legge nell'ultima ordinanza, «il quadro che scaturisce da questa seconda parte delle indagini non è quello di una semplice disonestà a livello locale da parte di giocatori e di allenatori bensì quello dell'operatività di una rete a livello internazionale, facilitata dalla "globalizzazione" delle scommesse tramite internet.

Inoltre, con ogni probabilità quello emerso non è l'unico cartello internazionale che opera attualmente in questo segmento degli affari criminali, ma è il primo comunque venuto in parte alla luce e probabilmente le indagini in corso in altri paesi europei porteranno nuovi elementi di comprensione su tale fenomeno criminale».

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