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Questo articolo è stato pubblicato il 04 gennaio 2012 alle ore 08:09.

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Ai presidenti Fini e Schifani servirà il buon senso laddove la scienza si è arresa. Una riduzione dei costi della politica è tema tanto urgente quanto emotivo. Va affrontato ed è decisivo per la fiducia, ma va sottratto a derive demagogiche. A deputati e senatori, come a tutti i cittadini, è chiesto un contributo al sacrificio generale, un segnale tangibile di condivisione. Un primo passo – ancora tutto da concretizzare – è stato fatto sul tema dei vitalizi, vera anomalia dell'Italia in Europa. Certo, andrà razionalizzato il numero dei parlamentari, un unicum nel mondo, e andrà sfoltita la schiera dei tanti (troppi) che di politica vivono spesso esercitando solo inutili se non dannosi poteri di interdizione e di veto (430mila secondo le rilevazioni citate da Sergio Fabbrini, pari a 2-4 miliardi di costi annui).

Nell'attesa di un riordino che riguardi l'intera architrave istituzionale – e costituzionale – del Paese e di un assetto ottimale che porti a una vera "produttività decisionale" del Parlamento, oggi assai asfittica, c'è spazio per un gesto simbolico e concreto. Come è concreto il tema delle indennità dei parlamentari in Europa. Non è forse il caso di usare un indice come il rapporto tra indennità annuale e Pil pro capite (indicatore simbolico della ricchezza media di un Paese) che vede l'Italia in posizione sideralmente anomala e imporrebbe addirittura una riduzione di due terzi degli emolumenti dei parlamentari, come dimostra l'elaborazione effettuata da Matteo Pelagatti.

Basterebbe applicare la ragionevolezza alla tabella sinottica prodotta dalla Commissione Giovannini. Se si prende in esame solo la voce indennità lorda si nota come quella italiana sia superiore di molto a quelle dei colleghi europei. Se si elimina la correzione fiscale di vantaggio per i deputati francesi (20% defiscalizzato), portando così un dato "armonizzato" con i trattamenti degli altri paesi, quella voce quota intorno agli 8.500 euro lordi mensili. A tanto ammonterebbe l'assegno per i parlamentari di Parigi, pari a quello dei loro colleghi olandesi, non lontano dai 7.700 dei tedeschi e dagli 8.100 degli austriaci. Insomma, il tetto del "Ragionier buon senso" arriva intorno agli 8mila euro lordi. Ben prima degli oltre 11mila euro percepiti mensilmente da deputati e senatori italiani. C'è, dunque, uno spazio di un taglio teorico di circa 3mila euro, anche se si considerano gli impatti di regimi fiscali comunque diversi.

Il tema dei costi della politica, va da sè, è argomento complesso e non sfugge a nessuno che, se si applicassero i costi standard europei agli assistenti dei parlamentari, l'onere finale aumentarebbe: oggi un assistente, quando è retribuito davvero, è a carico del parlamentare che gli "gira" una indennità di 3.600 euro, mentre in Francia Germania costa rispettivamente ai Parlamenti di appartenenza 9mila e 14mila euro mensili. Puntare tutto e solo sullo scorporo dell'indennità del collaboratore dal computo finale dell'emolumento di senatori e deputati servirà a evitare abusi, ma non inciderà davvero sul reale "stipendio del politico". Le forbici del "Ragionier buon senso" consigliano un taglio all'indennità: ci sono – è bene ripeterlo – 3mila euro di margine. Tocca a Fini e Schifani esercitare al meglio l'autonomia costituzionale che giustamente spetta a Camera e Senato. L'importante è che non si limitino a un "non possumus".

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