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Questo articolo è stato pubblicato il 04 gennaio 2012 alle ore 08:06.

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Dal buen retiro sardo di Villa Certosa, dove resterà fino all'Epifania, Silvio Berlusconi segue con attenzione le polemiche che hanno investito il Governo Monti alle prese con il rush finale della fase due. Ma, per il momento, il Cavaliere preferisce restare in silenzio lasciando ai suoi il compito di ribadire la linea. «Senza di noi l'esecutivo non va da nessuna parte, dovrà interpellarci prima di arrivare al varo del pacchetto cresci-Italia», è il refrain che l'ex premier ripete a chi lo ha sentito nelle ultime ore. Berlusconi vorrebbe un raccordo costante sui prossimi provvedimenti, a cominciare dalla riforma del mercato del lavoro, una sorta di «cabina di regia» tra esecutivo e maggioranza, ma si fa poche illusioni sulla fattibilità dell'operazione.

Le fibrillazioni interne al partito – diviso tra i sostenitori convinti dell'esecutivo tecnico e i critici della linea del professore – impongono però al Cavaliere di alternare il bastone e la carota verso il premier, con un occhio ai sondaggi, per nulla rassicuranti, e uno al Carroccio sempre più distante. Così ieri, dopo l'appello del giorno prima lanciato dal capogruppo alla Camera, Fabrizio Cicchitto («Monti senta i sindacati, ma decida con noi»), è toccato al collega del Senato, Maurizio Gasparri, rinnovare l'invito al confronto sulla fase due. «Il Governo Monti dovrà mantenere aperto il dialogo con i partiti ma anche con i sindacati». Quindi la stilettata. «È necessario confrontarsi su questi aspetti dove non è possibile improvvisare ma è indispensabile avere idee chiare per non commettere errori che acuirebbero tensioni. E finora i primi approcci del Governo hanno mostrato chiara inesperienza. Veti e imposizioni sarebbero comunque inaccettabili».

Insomma, il sostegno all'esecutivo non è in discussione, ma non ci sarà alcuna cambiale in bianco da parte del Pdl, convinto di poter staccare in qualsiasi momento la spina a Monti. Non a caso, nel replicare all'intervista rilasciata ieri da Massimo D'Alema al "Messaggero – in cui l'ex premier invitava il professore a evitare i condizionamenti di Berlusconi – Cicchitto mette i puntini sulle "i". L'esecutivo, avverte, non può diventare «una sorta di proiezione dell'area di sinistra del Pd», con il «Pdl che evidentemente dovrebbe fare l'utile idiota appoggiando il Governo che fa una politica espressa dall'ala estrema dell'altro schieramento. In quel caso, il Governo potrebbe avere una vita brevissima, il che non è detto che non sia l'obiettivo reale di D'Alema. Ma giocare con forzature di questo tipo nella situazione attuale sarebbe da irresponsabili».

Mentre Anna Maria Bernini si incarica di rammentare «le ambiguità del Pd e di D'Alema» sul riassetto del mercato del lavoro «che suscitano preoccupazione sull'efficienza e la praticabilità "della cassetta degli attrezzi che Monti dovrà portare in Europa». La stessa Europa che evoca Osvaldo Napoli, vicepresidente dei deputati del Pdl, quando invita il premier «a trovare il coraggio di trasformarsi da "ospite tollerato" nell'Europa carolingia in suscitatore di una svolta incisiva nella gestione della crisi». Serve «un impegno dell'Ue per la stabilità», gli fa eco l'ex ministro Maurizio Sacconi. Nessun percorso, però, potrà essere ultimato senza il sostegno della principale forza della vecchia maggioranza. «Noi del Pdl abbiamo dato al Governo le bevande energetiche che si danno agli atleti al cancelletto di partenza – ribadisce Franco Frattini in una intervista a "Il Giornale"–. Ora siamo controllori di gara. Ma sta a loro vincere la coppa».

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