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Questo articolo è stato pubblicato il 04 gennaio 2012 alle ore 06:39.

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ROMA
Si chiude con venti richieste di rinvio a giudizio il filone principale dell'inchiesta della Procura di Roma sulla P3, la presunta associazione segreta che avrebbe fatto capo all'affarista Flavio Carboni, al coordinatore nazionale del Pdl, Denis Verdini, e al senatore Marcello Dell'Utri. Le richieste, firmate dal procuratore aggiunto, Giancarlo Capaldo, e dal pm Rodolfo Sabelli sono state notificate ai difensori degli indagati e saranno ora sottoposte al vaglio del gup. Oltre a Carboni, Dell'Utri e Verdini, rischiano, tra gli altri, l'ex sottosegretario all'Economia, Nicola Cosentino, il governatore della Sardegna, Ugo Cappellacci, l'ex presidente della Cassazione, Vincenzo Carbone, il parlamentare del Pdl, Massimo Parisi.
L'accusa di associazione a delinquere finalizzata alla violazione della legge Anselmi sulle società segrete è contestata anche all'ex giudice tributario Pasquale Lombardi, all'imprenditore campano Arcangelo Martino e ad altre nove persone, tra cui la compagna di Carboni, Antonella Pau, e l'ex responsabile dell'Agenzia regionale per l'ambiente della Sardegna, Ignazio Farris. Secondo i pm, Verdini e Dell'Utri, insieme a Carboni, Martino e Lombardi, avrebbero «costituito, organizzato e diretto» un'associazione per delinquere diretta a compiere una serie indeterminata di «delitti di corruzione, abuso d'ufficio, illecito finanziamento, diffamazione e violenza privata». L'associazione, si legge nel capo di imputazione, intendeva «condizionare il funzionamento di organi costituzionali e di rilevanza costituzionale, nonché apparati della pubblica amministrazione dello Stato e degli enti locali», sviluppando «una fitta rete di conoscenze nei settori della magistratura, della politica e dell'imprenditoria da sfruttare per i fini segreti del sodalizio e per il finanziamento di esso e dei suoi membri». Ipotesi che gli avvocati di Verdini, Franco Coppi e Marco Rocchi, definiscono «surreali». «Siamo sereni e sicuri di poter dimostrare l'assoluta correttezza dell'operato del governatore Cappellaci e il rispetto della disciplina nazionale e regionale che regola le nomine dei direttori generali», dichiarano da parte loro i legali del presidente della Sardegna.
Gli episodi contestati sono quelli noti. Si parte dagli investimenti nell'eolico in Sardegna. Su input di Carboni, che aveva raccolto una cordata di imprenditori intenzionati a investire nell'isola, l'associazione si attiva per ottenere la nomina di Farris alla direzione dell'Arpas, l'ente che avrebbe dovuto gestire le licenze per le centrali eoliche. La contestazione di abuso d'ufficio mossa a Cappellacci si riferisce proprio alla nomina di Farris, deliberata «su istigazione di Carboni e Verdini, in concorso con Dell'Utri».
C'è poi il tentativo, fallito, di influenzare nell'ottobre del 2009 la decisione della Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi sul Lodo Alfano. L'ex presidente della Cassazione, Vincenzo Carbone, è invece accusato di concorso in corruzione: avrebbe spostato, senza giustificato motivo, un'onerosa causa della Mondadori contro l'Erario dalla sezione tributaria alle sezioni unite della Cassazione e avrebbe anticipato la discussione del ricorso di Cosentino contro il provvedimento di arresto emesso dai Pm di Napoli che lo accusano di collusione con la Camorra. In cambio Carbone avrebbe chiesto un incarico di prestigio dopo la pensione.
Allo stesso modo ci sarebbero stati interventi sul Csm per indirizzare le nomine a incarichi direttivi: è il caso della nomina di Alfonso Marra a presidente della Corte d'Appello di Milano. Tra gli interventi contestati ci sono anche quelli sullo stesso Marra per fare riammettere alle ultime elezioni regionali la lista "Per la Lombardia" di Roberto Formigoni, e il falso dossieraggio per screditare, con false notizie su frequentazioni di transessuali e legami con la criminalità organizzata, la candidatura del governatore della Campania, Stefano Caldoro. Vicenda per la quale Cosentino è accusato di concorso in diffamazione e violenza privata.
C'è infine l'accusa di finanziamento illecito ai partiti mossa a Verdini e Parisi per gli 800mila euro ottenuti da imprenditori vicini a Carboni e dissimulati con la cessione delle loro quote della Nuova Toscana Editrice alla Società Toscana di Edizioni. L'inchiesta P3 non finisce qui. I Pm indagano ancora su 9,5 milioni versati a titolo di prestito infruttifero da Silvio Berlusconi nel 2008 su un conto intestato a Marcello Dell'Utri, più altri 7,1 milioni elargiti dal re delle cliniche private, Antonio Angelucci, al coordinatore del Pdl, Denis Verdini, per comprare villa Gucci, a Firenze.
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