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Questo articolo è stato pubblicato il 06 gennaio 2012 alle ore 06:42.
ROMA
È caccia all'uomo a Roma dopo l'uccisione, nel corso di una rapina, di due cittadini cinesi, Zhou Zheng, 31 anni, e la figlioletta Joy, nove mesi appena. Gli uomini del Nucleo investigativo dei carabinieri di via in Selci sono sulle tracce di due, o forse tre, uomini, con ogni probabilità romani, forse tossicodipendenti. Sarebbero i rapinatori che, nella notte di mercoledì, nel quartiere di Tor Pignattara, hanno aperto il fuoco davanti al rifiuto di Zhou Zheng di consegnare una borsa con cinquemila euro, l'incasso del bar gestito dal padre e del punto di money transfer di cui era titolare lo stesso Zheng, per poi fuggire in sella a uno scooter.
Le indagini, affidate al procuratore aggiunto, Pier Filippo Laviani, e al pm Anna Maria Teresa Gregori, che hanno disposto l'intercettazione delle utenze telefoniche di alcuni pregiudicati della zona, sembrano dare credito alle testimonianze che hanno visto nell'episodio il tragico epilogo di una rapina finita male. Gli aggressori potrebbero essere due o tre balordi del quartiere, forse frequentatori del bar gestito dal padre dell'ucciso. Secondo questa versione, i rapinatori avrebbero seguito Zhou Zheng, che teneva in braccio la figlioletta, e la moglie Lia, mentre rincasavano, per poi affiancarli e chiedere la consegna della borsa con i soldi. «Erano belve, volevano a tutti i costi quella borsa – ha raccontato Lia agli inquirenti - Mi hanno più volte colpito al braccio. Poi uno mi ha detto, con accento romano, "ti ammazzo come un cane"». Gli assalitori sarebbero stati tre (questa è la versione più accreditata dagli inquirenti), tutti col volto coperto da un casco. Ma anche sul punto le testimonianze sono discordanti: alcuni parlano di due aggressori, altri di tre. Quel che è certo è che i magistrati procedono per duplice omicidio e rapina aggravata, oltre che per detenzione abusiva di armi. Ieri i pm hanno affidato a degli esperti e al Dipartimento di medicina legale l'incarico di stabilire se siano stati esplosi uno o più colpi. Un dato che potrebbe essere indicativo della natura fortuita o intenzionale dell'omicidio. Dall'autopsia è emerso che a uccidere è stato un solo proiettile, di piccolo calibro, che ha trapassato il cranio della piccola Joy per poi conficcarsi nel cuore del padre. Ma non è escluso che i colpi siano stati di più. Alcuni testimoni hanno parlato di un solo sparo, altri di più detonazioni. Per fare chiarezza occorrerà attendere l'esito della perizia balistica e l'interrogatorio di Lia Zheng, 26 anni, ancora sotto shock e in stato confusionale per potere rispondere alle domande dei pm. «Dov'è mia figlia? Perché non posso vederla? Portatemi da lei, si è fatta male?» continuava a ripetere incessantemente ieri la donna, ricoverata all'ospedale San Giovanni per le ferite da taglio riportate durante la colluttazione con i presunti rapinatori. Gli investigatori non trascurano nemmeno la pista del regolamento di conti all'interno della comunità cinese, che al momento appare però meno probabile.
Ieri la vicenda è stata oggetto di un vertice straordinario al Viminale. «L'uccisione di una bambina di pochi mesi e del suo papà avvenuta sotto il portone di casa è un fatto che non può lasciare indifferenti. Ma lo Stato è presente e lo dimostrerà» ha commentato al termine della riunione il ministro dell'Interno, Anna Maria Cancellieri. Anche per il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, «questo è veramente troppo. La pazienza di Roma e dei romani è finita. Ci sono belve criminali che devono essere fermate a tutti i costi». Polemico l'ex sindaco, Walter Veltroni: «Mai vista una situazione del genere. Hanno tolto l'anima a una città, il senso di solidarietà e di comunità, e la violenza la fa da padrone».
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