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Questo articolo è stato pubblicato il 06 gennaio 2012 alle ore 06:41.

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ROMA
«Lo Stato è presente e lo dimostrerà». È decisa la dichiarazione del ministro dell'Interno Anna Maria Cancellieri, al termine del vertice organizzato al Viminale ieri pomeriggio, all'indomani dell'agguato che nel quartiere di Torpignattara a Roma ha ucciso Zhou Zeng, commerciante cinese di 31 anni, e sua figlia Joy, di soli nove mesi. «Un fatto che crea sgomento e che non può lasciare indifferenti», lo ha definito il ministro, che ha assicurato «un'ulteriore e decisa intensificazione delle azioni di prevenzione e contrasto», tradotto in un «immediato incremento su Roma delle unità delle forze di polizia, nel quadro degli impegni assunti con il recente Patto per la sicurezza».
Dunque, dei 400 uomini fra polizia e carabinieri stanziati dal "Terzo patto per Roma Sicura" siglato il 21 dicembre scorso fra ministero, prefetto e Comune di Roma, ma anche vertici di Provincia e Regione, già da questa mattina sono in 130 a presidiare le zone più a rischio della Capitale. Zone dove spesso, per il presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti, «c'è stato un aumento demografico incredibile senza un'uguale presenza delle infrastrutture civili e sociali».
Quella del ministero è una risposta assertiva e immediata alla richiesta di maggior sicurezza arrivata anche dall'ambasciata cinese a Roma, che si è detta «scioccata e sgomenta» per la tragedia e ha sollecitato l'Italia «a prendere tutte le misure indonee a tutelare la sicurezza personale e patrimoniale dei cittadini cinesi», invitandoli anche «a rafforzare la propria consapevolezza a garanzia della sicurezza personale». Forte poi la pressione sull'Italia affinché assicuri subito gli assassini alla giustizia.
La reazione delle forze dell'ordine in realtà era stata già tempestiva nella stessa notte di mercoledì, subito dopo l'agguato, quando si era riunito un vertice in Questura che aveva disposto l'immediato raddoppio del numero delle volanti impegnate sul territorio per il turno notturno.
Ma ieri, al ministero, la Capitale ha chiesto ancora qualcosa in più, cioè, come ha spiegato il vicesindaco Sveva Belviso, che «le forze dell'ordine abbiano più libertà di azione». Il che vuol dire «anche perquisizioni nelle abitazioni dove c'è una notizia di reato», in applicazione dell'articolo 41 del testo unico della legge di pubblica sicurezza «che dà la possibilità alle forze dell'ordine di poter indagare quando c'è una notizia di reato in edifici pubblici e privati ma anche in abitazioni. È una legge ordinaria dello Stato ma che difficilmente viene applicata in questo periodo perché spesso non viene convalidata dalla procura», ha aggiunto Belviso.
Ma ora a Roma di questa applicazione c'è urgente bisogno. Perché il recente patto non basta più, servono «misure emergenziali», visto che quelle prese finora sono state «inadeguate», come ha ribadito il sindaco Gianni Alemanno, che sta rientrando in Italia e ha detto che «la pazienza dei romani sta finendo. Ci sono belve criminali che agiscono nella nostra città che devono essere fermate a tutti i costi. Ci sono troppa droga e troppe armi che circolano nei quartieri più a rischio - ha aggiunto, confermando quanto detto poche ore prima da Giorgio Ciardi, suo delegato alla Sicurezza, per il quale «ogni giorno nella Capitale vengono rubate in media tre pistole».
Il duplice omicidio ha ravvivato anche le critiche dell'opposizione all'amministrazione Alemanno, con il Pd della città che accusa il sindaco di aver abbandonato i cittadini e che ha anticipato al 12 gennaio la riunione del dipartimento di sicurezza. A difendere Alemanno, però, fra gli altri è sceso in campo il capogruppo Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto, per il quale «mettere in conto al sindaco l'esplosione di una violenza a Roma che discende da molteplici fattori, è l'ennesima dimostrazione che la sinistra romana vive solo di faziosità».
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