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Questo articolo è stato pubblicato il 06 gennaio 2012 alle ore 06:38.

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Viktor Orban spaventa i mercati, la linea autarchica del premier populista ungherese fa fuggire gli investitori e avvicina Budapest al default. I ripetuti scontri di questi ultimi mesi con l'Europa e il Fondo monetario - sul controllo dei media, sulla giustizia, sui diritti civili e soprattutto sull'autonomia della Banca centrale - impediscono al Paese di accedere a quel sostegno che sembra ormai vitale per l'Ungheria in crisi di liquidità.
«Ci rendiamo perfettamente conto della situazione, vogliamo concludere la fase preliminare dei negoziati con Fmi e Ue il più rapidamente possibile», ha detto Tamas Fellegi, il negoziatore all'Fmi per il Governo ungherese che sarà a Washington la prossima settimana per incontrare Christine Lagarde.
La dichiarazione è giunta ieri dopo l'ennesimo crollo del fiorino e il fallimento dell'asta sui titoli pubblici che hanno messo il Paese sull'orlo del baratro. La moneta ungherese è scesa a nuovi minimi storici: a metà mattinata la quotazione era arrivata ieri a 324 fiorini per un euro, poi dopo una leggera ripresa le contrattazioni hanno chiuso a quota 322. Una debolezza confermata anche rispetto al franco svizzero, scambiato a 264,5 fiorini, e al dollaro Usa, scambiato a 249,5 fiorini.
Nell'asta sui titoli pubblici con scadenza a 12 mesi il Tesoro ungherese è riuscito a collocare bond per solo 35 miliardi di fiorini contro i 45 miliardi pianificati. I rendimenti hanno raggiunto il 9,96% in deciso rialzo rispetto al 7,91% dell'asta del 22 dicembre con titoli a 12 mesi. Mentre sul mercato secondario i bond a dieci anni hanno toccato un rendimento del 10,9 per cento, il più alto degli ultimi 10 anni. E i Cds, i contratti di riassicurazione in caso di default dell'Ungheria, hanno raggiunto quota 745: cento punti in più di due giorni fa.
La pressione dei mercati che sta spingendo il Paese verso la bancarotta potrebbe aver aperto una breccia nelle certezze nazionaliste di Orban, per la prima volta dalle elezioni di metà 2010 nelle quali ha conquistato una maggioranza schiacciante con oltre i due terzi dei seggi in Parlamento. Il premier sembra disposto a chiedere aiuto dopo aver sbraitato per mesi contro «quelli che ci vogliono imporre la linea politica ed economica».
Nei primi incontri con Fmi e Ue si era parlato di una linea di credito precauzionale di circa 20 miliardi di euro, ieri Fellegi ha fatto riferimento anche a una forma di prestito in stand-by come quello che nel 2008 riuscì a salvare il Paese dal default. E ha spiegato che «se necessario, potrebbe essere modificata anche la legge controversa sulla Banca centrale».
«L'indipendenza della Banca centrale preoccupa la Ue, l'Fmi, la Bce e i mercati. Ed è un prerequisito indispensabile per avviare i negoziati per la concessione degli aiuti finanziari all'Ungheria», ha detto ieri il portavoce della Commissione europea, Olivier Bailly. Il 23 dicembre scorso le delegazioni di Fmi e Ue in missione a Budapest per i negoziati preliminari avevano lasciato la capitale ungherese quando il Governo aveva confermato l'intenzione di procedere con la riforma della Banca centrale, una norma approvata il 30 dicembre in un pacchetto di altre leggi legate alla nuova Costituzione, entrata in vigore il primo gennaio. Bailly ha ribadito inoltre che restano dubbi sulle leggi che mettono l'istituto centrale sotto il controllo politico diretto del Governo: «Una decisione sull'avvio dei negoziati formali - ha aggiunto - ci sarà solo quando gli esperti della Commissione avranno terminato la loro analisi. Le risposte arriveranno molto presto». Forse già entro mercoledì per la prima riunione della Commissione dopo la pausa natalizia.
Non sono i fondamentali macroeconomici il problema dell'Ungheria. La crescita è debole ma in Europa altri Paesi stanno molto peggio. Il deficit nel 2012 dovrebbe restare sotto il 3% del Pil, il debito intorno al 75 per cento. Il tasso di disoccupazione ufficiale non supera l'11 per cento.
Ma per Standard&Poor's e Moody's il debito ungherese è da tempo spazzatura, gli investitori non comprano i titoli del debito ungherese, non si fidano più di Orban. E non si fida l'Unione europea che si domanda se in Ungheria ci sia «democrazia o dittatura».
luca.veronese@ilsole24ore.com
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LE BANCHE ITALIANE

Contrasti e quote di mercato
Le banche straniere non sono particolarmente esposte sul debito ungherese ma subiscono le conseguenze della crisi del Paese e di alcuni interventi del Governo Orban, primo fra tutti quello sui mutui in valuta estera rimborsabili a un cambio agevolato
Le controllate di Intesa Sanpaolo e Unicredit in Ungheria sono la quinta e la settima banca del Paese. Intesa controlla Cib Bank che ha una quota di mercato - secondo il prospetto sull'aumento di capitale - del 7,9% e 145 filiali. Piazza Cordusio ha 134 filiali e una quota di mercato - come risulta dal prospetto di ricapitalizzazione - del 5,4%

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