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Questo articolo è stato pubblicato il 10 gennaio 2012 alle ore 06:37.

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UniCredit soffre in Borsa nel primo giorno dell'aumento di capitale da 7,5 miliardi di euro, mentre la Fondazione Cariverona porta la partecipazione in piazza Cordusio dal 4,2% al 3,5% e la Consob va avanti nei controlli per stabilire se e in che misura i divieti in materia di vendite allo scoperto siano stati elusi.
Il bilancio di UniCredit nel primo giorno di aumento si chiude così in negativo: l'emoraggia di vendite, in corso ormai da mercoledì scorso, quando è stato comunicato lo sconto del 43% sul Terp (prezzo teorico dell'azione post stacco del diritto), ha portato ieri i titoli ad accusare una flessione del 12,8% a 2,28 euro, mentre i diritti sono scivolati del 65,4% a 0,47 euro. Dallo scorso 4 gennaio, giorno in cui è stato annunciato il prezzo delle azioni di nuova emissione a 1,943, le quotazioni della banca hanno registrato un tonfo del 45%, bilancio che sale fino al 53% se si prende come riferimento la quotazione al 20 dicembre scorso. Una serie di sedute negative nel corso delle quali, secondo quanto si apprende, la Fondazione Cariverona avrebbe gradualmente smobilizzato il pacchetto dello 0,7% di piazza Cordusio come preannunciato alla fine dell'anno. Una quota classificata nel bilancio dell'ente veronese come relativa alla «banca conferitaria» a un prezzo medio di 0,6336 euro. Tali azioni sono storiche e risalgono al 1988 alla fusione tra UniCredito e il Credito Italiano. La vendita, dunque, ha fatto scendere la partecipazione dal 4,2% al 3,5%, soglia quest'ultima che sarà mantenuta post aumento di capitale. Nessun commento da Cariverona.
Ricapitolando: con il calo di ieri la capitalizzazione di UniCredit si è portata a 13 miliardi, livello che tiene conto dell'aumento di capitale in corso ma che risulta comunque distante dal valore dai 16 miliardi di euro di fine ottobre. «Non ci aspettavamo un calo del titolo in borsa di questa entità, che va al di là della flessione fisiologica attesa, dovuto a fattori tecnici e a fattori di carattere più generale. Ma questo non tocca la bontà dell'operazione», ha dichiarato ieri l'a.d di Unicredit Federico Ghizzoni nel corso dell'incontro con la rete. «Voglio ribadire oggi, al termine di un'altra giornata difficile sui mercati, che l'aumento di capitale è per Unicredit una scelta estremamente importante. Una decisione anche sofferta, perchè cade in un momento molto critico per il sistema economico e finanziario internazionale, ma indispensabile per la banca», ha dichiarato il manager ai dipendenti, aggiungendo poi che «l'aumento di capitale da 7,5 miliardi di euro, assolutamente certo perchè comunque tutto sottoscritto dal consorzio di collocamento, consentirà a Unicredit di essere fra le banche meglio capitalizzate d'Europa»
Del resto, in merito alla forte pressione in Borsa, le considerazioni che si fanno sul mercato sono sostanzialmente due. In primo luogo si punta il dito sulle condizioni macro e, più in generale, su quelle dei mercati azionari. Inoltre – è il ragionamento degli operatori – in presenza di un aumento di capitale di tali dimensioni succede spesso che ci si «allegerisca» nei primi giorni per poi ricomprare a prezzi più cheap i titoli in una fase successiva, soprattutto se c'è la probabilità che l'aumento, date le dimensioni, comporti una parte di inoptato. In questo contesto possono operare non solo hedge o shortisti, ma anche azionisti stabili della banca che, già in possesso dei titoli, possono decidere di mettere in atto arbitraggi e operazioni più sofisticate per ragioni di convenienza. Oggi per esempio, considerando il valore dei diritti e quello delle azioni e mettendo in conto che per ogni azione posseduta, se verrà esercitato il diritto, si riceveranno 2 nuove azioni (che sono state emesse al prezzo di 1,943 euro), è conveniente acquistare in Borsa i diritti ed esercitarli: si paga ogni azione 2,17 euro (pari alla somma della metà del valore del diritto e del valore di emissione dei nuovi titoli) contro la chiusura di Borsa di 2,28 euro.
Peraltro è opinione diffusa in Borsa che la risposta del mercato all'aumento di capitale, che rappresenta il primo vero test per il settore del credito in Italia e in Europa, non è ancora leggibile nei bilanci di queste sedute, ma sarà necessario attendere l'andamento finale delle sottoscrizioni e, nel medio periodo, la performance del titolo UniCredit con la banca che prevede un utile in crescita fino ai 6,5 miliardi attesi nel 2015, mentre Ghizzoni ha promesso ai soci un ritorno sostenibile al dividendo già dall'esercizio 2012. Proprio sulla base di questi numeri e del piano industriale i grandi azionisti hanno già annunciato il loro sostegno all'aumento, pur con qualche limatura delle rispettive quote: tra impegni vincolanti e non, risulta già coperto il 24% della ricapitalizzazione. Il destino del restante 76%, già «assicurato» dalle banche del consorzio, si deciderà nelle prossime tre settimane.
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