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Questo articolo è stato pubblicato il 11 gennaio 2012 alle ore 06:37.

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Non c'è niente di peggio oggi per le banche che andare a bussare alle porte del mercato. Ne sa qualcosa UniCredit che ha vissuto, prima del rimbalzo di ieri, sedute da brivido in Borsa. Non si sa se la ripresa dei corsi di Borsa sarà consistente nei prossimi giorni, sta di fatto che quell'aumento di capitale da 7,5 miliardi è stato per ora di fatto vanificato nei prezzi di mercato.

UniCredit si ritroverà con un patrimonio netto per 60 miliardi ma rischia di valere in Borsa, anche dopo l'aumento, poco più del 20% del suo capitale. Quando hai il mercato contro la partita è impari. Del resto puoi seguire i dettami imposti dall'Eba e chiedere risorse al mercato, ma gli investitori professionali hanno stabilito da tempo che le banche italiane non possono valere più del 20-30% del loro patrimonio.

È da molto che perdura questo cortocircuito. I prezzi delle banche italiane in genere sono scesi a tal punto, dall'estate dell'anno scorso, che quel multiplo sul capitale netto non si è mai schiodato da quei livelli. Ne sa qualcosa Intesa Sanpaolo, l'altro big italiano che pur non dovendo fare nuove ripatrimonializzazioni si trova tuttora a quotare non più del 30% dei suoi 59 miliardi di patrimonio netto. Le banche italiane pagano così in modo aprioristico il rischio-Paese. Lo pagano con una sotto-valutazione profonda nei loro valori di mercato. Si può evitare? Solo se l'Italia verrà percepita dal mercato con una ritrovata sicurezza.

D'altronde è il meccanismo di imporre nuove ricapitalizzazione obbligate a innescare questo circolo vizioso. Tu mi chiedi soldi aggiuntivi e io te li sconto del tutto dai prezzi di Borsa. E così molti stanno cercando vie d'uscita meno punitive. È il caso delle banche spagnole. In teoria penalizzate assai più delle italiane dalle decisioni dell'Eba. Se il sistema bancario italiano deve iniettare oltre 15 miliardi, la Spagna ne deve trovare ben 26. E il solo Santander è costretto a trovare nuove risorse per 15,3 miliardi, l'intero ammontare chiesto agli istituti italiani. Il Santander dovrebbe essere martellato dal mercato. E invece no.

Il prezzo dell'azione si mantiene sui livelli dell'autunno scorso. Come mai? La risposta è di questi giorni. Il colosso spagnolo ha comunicato l'altro ieri che non ha problemi a reperire i fondi, senza fare aumenti di capitale e quindi senza passare dal mercato. Come? Convertendo le azioni privilegiate in ordinarie, emettendo bond convertibili e anche dalle plusvalenze delle vendite di attività in Brasile e Cile. E sulla stessa linea anche il Bbva che pur prevedendo di dover svalutare di un miliardo di euro le attività americane, userà la conversione delle azioni privilegiate per raccogliere almeno la metà delle risorse chieste dall'Europa.

E così sulle banche si viaggia di paradosso in paradosso. La Spagna ha le sue banche in deficit di capitale per una cifra quasi doppia rispetto all'Italia, ma per il mercato le banche spagnole valgono molto di più delle italiane. Il Santander è valutato sul listino il 70% del suo capitale quando le banche italiane non superano il 30%. E la banca spagnola vale da sola in borsa di più delle prime 5 banche italiane. Un'altra distorsione del mercato.

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