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Questo articolo è stato pubblicato il 12 gennaio 2012 alle ore 18:39.

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Chi nella Lega dice 30, chi nega. Nella conta su quanti Lumbard hanno detto no all'arresto di Nicola Cosentino dallo stesso Carroccio arrivano versioni diverse. Luca Paolini, il leghista che da subito si è opposto alla custodia cautelare dice che come lui, nel movimento avrebbero votato tra i 25 e i 30 i leghisti. Di tutt'altro avviso Roberto Maroni. Per il quale «i voti che hanno bocciato l'arresto vengono da altri partiti», anche se - ammette l'ex ministro - qualcuno «è arrivato pure dalla Lega, ma pochi». Conferma la tesi di Maroni il sindaco di Verona, Flavio Tosi, il quale assicura che «la larga maggioranza del gruppo parlamentare della Lega ha votato per l'arresto».

Nel Pdl sono convinti che voti inaspettati siano arrivati dall'Udc e dal Pd. Ma Pier Ferdinando Casini e Pier Luigi Bersani escludono ipotesi di questo tipo. «Abbiamo votato tutti per l'arresto», dice il segretario democratico, mentre per il leader centrista i numeri parlano chiaro e «la polemica è di chi vuole inquinare le acque».

Umberto Bossi dopo aver annunciato libertà di coscienza per i suoi parlamentari ha scelto di non partecipare al voto. Per poi commentare che «la storia della Lega non è mai stata forcaiola». Maroni ha reso palese il suo sì infilando nella fessura dove sono nascosti i pulsanti per il voto solo l'indice e il medio della mano sinistra e sul lato sinistro, quello dove si trova il pulsante del sì. E poi ha detto di non aver condiviso la posizione di lasciare libertà di voto, «ma non c'è - ha precisato - nessun disaccordo con Bossi».

Il risultato politico del caso è sintetizzato da Altero Matteoli. «Emerge - dice il senatore pidiellino - che esiste tuttora una maggioranza Pdl-Lega, peraltro mai sconfitta in Parlamento».
E passate poche ore dalla chiusura, nell'Aula di Montecitorio, del caso Cosentino, Umberto Bossi dice che «non si impiegherà tanto tempo ad andare al voto», con questa legge elettorale (dopo la bocciatura del referendum da parte della Consulta), legge che il Senatur definisce «la migliore».

Il Pd dice a gran voce che la Lega «è tornata ad obbedire» (Dario Franceschini) . Fli (Roberto Menia) invita il Carroccio a spiegare ai suoi elettori quale sia il suo concetto di «partito degli onesti», e l'Udc accusa i Lumbard di «non avere perso il vizio» (Mauro Libè). Mentre per l'Idv il voto su Cosentino «segna la morte politica della Lega che da oggi in poi non sarà più credibile su nulla agli occhi dei tanti cittadini del Nord» (Silvana Mura).

Ma Bossi minimizza l'accaduto: «C'è stata una specie di ribellione dei parlamentari alla magistratura e alla sua capacità di fare processi e risolvere problemi». E questo, dice, vale anche per la base leghista che «non è mai stata molto amica dei magistrati».
La pensa diversamente Flavio Tosi che considera quella di oggi «una brutta pagina per la politica in generale». Per il sindaco di Verona «Bossi ha sbagliato», perché pur potendo lasciare libertà di coscienza, «doveva esprimere l'indicazione politica, che all'inizio c'é stata e poi si é creata molta confusione». Per questo, dice l'esponente del Carroccio considerato vicino a Maroni, l'elettorato leghista «è sconcertato, perplesso, perché prima diciamo una cosa e poi ne facciamo un'altra».

Sulle frequenze di radio Padania e sul web prende forma il malumore della base. La difesa di Cosentino scandalizza buona parte del popolo padano che si schiera a fianco di Maroni: «Avete salvato un camorrista», è uno dei commenti, mentre altri ironizzano: «Camorra ladrona, Lega padrona».

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