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Questo articolo è stato pubblicato il 12 gennaio 2012 alle ore 16:04.

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Si terrà oggi a Bruxelles un nuovo round di negoziati a livello tecnico per mettere a punto il Trattato intergovernativo su una nuova disciplina di bilancio. La bozza più recente - circolata in ambienti comunitari martedì sera e anticipata dal Sole 24 Ore - ha perso parte di quel mordente su cui molti speravano. A furia di modifiche ai margini, e a meno di grossi cambiamenti dell'ultima ora, molti impegni appaiono annacquati.

Le pressioni dei principali Paesi membri hanno smussato gli angoli e rivisto molti articoli. Non è per caso se ieri il Parlamento europeo, rappresentato nelle trattative a livello tecnico da tre deputati, ha protestato violentemente, ritenendo il progetto «inaccettabile» perché tra le altre cose minimizza il ruolo delle istituzioni europee. La bozza di Trattato più recente riduce il potere di iniziativa della Commissione.
L'Italia è riuscita a fare valere la sua posizione su almeno due articoli, il 4 e il 7. Nel primo, gli esperti legali del Consiglio europeo hanno accolto la richiesta italiana di attenuare l'impegno di riduzione del debito pubblico di un ventesimo all'anno tenendo conto di tutti gli eventuali «fattori rilevanti», così come affermato nella recente riforma del patto di stabilità e di crescita.

Il successo, in attesa di conferma nella volata finale, giunge mentre cresce la consapevolezza che sia necessario evitare cure dimagranti troppo violente. È da segnalare che nel preambolo, la nuova versione del Trattato ricorda come le regole sui conti pubblici siano sospese nel caso di «eventi insoliti» o «severe recessioni» e indica che l'accordo deve «rispettare il ruolo delle parti sociali» nei Paesi contraenti.
Riferendosi alla procedura di deficit eccessivo, una prima versione dell'articolo 7 metteva sullo stesso piano disavanzo e debito, aprendo la porta a un eventuale iter contro il debito eccessivo. Nella bozza più recente questo parallelo, preoccupante agli occhi delle autorità italiane, è stato eliminato. Dal canto suo, la Francia l'ha avuta vinta sul ruolo da affidare alla Corte di Giustizia.

Non solo l'articolo 8 stabilisce che il tribunale può essere chiamato in causa solo per la mancata adozione della regola d'oro - il pareggio di bilancio - nelle legislazioni nazionali, e non più per l'intero Titolo III del Trattato. La Commissione europea non potrà trascinare davanti alla Corte un Paese (lo potrà fare solo un altro Stato membro), e dovrà nel caso limitarsi a redigere un rapporto. Di qui le critiche del Parlamento.
Preoccupata da un eventuale trasferimento di sovranità alle istituzioni europee, la Francia ha lottato con i denti per annacquare questo articolo. Peraltro la regola d'oro, secondo la nuova versione, dovrà essere adottata dai Paesi «nella legislazione nazionale» e «preferibilmente a livello costituzionale». L'obbligo di introdurre la norma nelle costituzioni è decaduto, tranquillizzando Stati membri come la Danimarca.

Il Paese scandivano è preoccupato all'idea di dover modificare la propria carta costituzionale. L'ultima riforma in questo Paese risale al 1953. A questo punto, il desiderio dei Governi è che i negoziati vengano conclusi entro il prossimo Consiglio europeo, fissato per il 30 gennaio. Voluta durante un vertice in dicembre, l'intesa dovrebbe rassicurare i mercati sulla disciplina di bilancio dell'Unione. Raggiungerà l'obiettivo?
Nel suo insieme, il nuovo Trattato, ancora oggetto di negoziati, appare meno ambizioso delle previsioni: minimizza il ruolo della Commissione e dimostra la sua natura intergovernativa. In questo senso, paradossalmente il blog euroscettico Open Europe ha definito ieri la più recente stesura dell'accordo «una vittoria» per il premier David Cameron, che in maniera controversa ha deciso (per ora) di non sottoscriverlo.

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