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Questo articolo è stato pubblicato il 14 gennaio 2012 alle ore 09:30.

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Energia a tutto campo nell'ultima bozza del decreto sulle liberalizzazioni. Non solo i carburanti ma anche una "velocizzazione" dei permessi per l'adeguamento degli elettrodotti che strozzano i flussi di elettricità dei gestori concorrenti, per la costruzione dei rigassificatori di metano liquido trasportato via nave, per il potenziamento degli stoccaggi di gas e relative infrastrutture di rete. Parola d'ordine: attenuare il maggior prezzo dell'energia che gli italiani pagano rispetto agli altri cittadini europei. Un prezzo che nel frattempo continua a gonfiarsi anche a causa della crescente pressione fiscale disposta dallo stesso Governo. L'ultima sorpresa riguarda il nuovo regime fiscale per le imprese introdotto con il decreto del 30 dicembre scorso, con il quale è stata compensata l'eliminazione dell'addizionale provinciale all'accisa sull'energia elettrica con l'incremento dell'accisa "normale". Secondo il ministero dell'economia il gettito complessivo rimarrà invariato. Ma il nuovo regime – denuncia tra gli altri la Confindustria - comporta una redistribuzione del carico fiscale che penalizza le imprese di medie dimensioni: quelle con consumi tra i 200mila e il milione e 200mila chilowattora annui rischiano addirittura un raddoppio dell'attuale accisa.

Ulteriore carne al fuoco, con tutta probabilità, per le correzioni che il governo sta apportando al decreto sulle liberalizzazioni, sempre più ricco anche nella parte sull'energia. Basti dire che nel breve volgere della giornata di ieri il testo arricchito perfino di un provvedimento che in nome del contenimento della spesa energetica per le famiglie disagiate dispone l'ampliamento del bonus su elettricità e gas. Dovranno provvedere il ministero dello Sviluppo, quello dell'Economia e quello del Lavoro entro 90 giorni.

Sarà invece direttamente la Presidenza del consiglio, insieme al ministero dello Sviluppo e a quello delle Infrastrutture a varare un decreto entro 60 giorni per garantire autorizzazioni accelerate alle infrastrutture energetiche di «pubblica utilità, nonché urgenti e indifferibili». I campi di azione: gli elettrodotti critici che devono essere realizzati da Terna, i rigassificatori che potrebbero diversificare i nostri approvvigionamenti di gas metano nonché gli stoccaggi dello stesso metano con «relative strutture di trasmissione di trasporto». Stoccaggi considerati decisivi per alimentare la concorrenza fra operatori del gas almeno su questo versante, dopo l'ennesima moratoria dichiarata dal Governo sulla separazione proprietaria di Snam Rete Gas dall'Eni.

La palma delle polemiche spetta comunque alla liberalizzazione della rete di distribuzione dei carburanti. Nell'ultima relazione illustrativa al decreto sulle liberalizzazioni il governo afferma esplicitamente che l'intendimento è quello di separare drasticamente le varie parti della filiera: approvvigionamento, commercio all'ingrosso e vendita (si veda Il Sole 24 Ore del 12 gennaio). Incalza il presidente dell'Unione Petrolifera, Pasquale De Vita: sì alla flessibilità contrattuale con i gestori, sì alla libertà merceologica delle stazioni di servizio e sì in generale allo spirito delle liberalizzazioni. Ma su due punti nodali il dissenso è netto. No alla libertà del gestore di comprare carburante all'ingrosso dove vuole. No alla vendita obbligata da parte delle compagnie del 30% degli impianti di benzina «a un prezzo fissato dall'autorità». «Dal punto di vista giuridico non starebbe in piedi, è una cosa che non esiste in nessun paese del mondo».

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