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Questo articolo è stato pubblicato il 16 gennaio 2012 alle ore 07:28.

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Una rivoluzione, che spinge in vetta alle classifiche del consenso gli amministratori locali del Sud, tiene lontani dalle prime posizioni molti dei loro tradizionali frequentatori e solleva domande intriganti in vista delle elezioni amministrative che in primavera chiameranno al voto circa 1.200 Comuni, tra cui 23 capoluoghi.

È l'immagine che emerge dalla nuova edizione del Governance Poll, l'indagine che ogni gennaio tasta il polso della politica locale e misura il consenso ottenuto da sindaci, presidenti di Provincia e di Regione nell'anno che si è appena chiuso. A primeggiare quest'anno è Luigi De Magistris, che supera il semi-plebiscito ottenuto nel secondo turno delle elezioni di maggio scorso e raggiunge un rotondo 70%, percentuale da tempo assente nelle rilevazioni annuali su una politica sempre più in crisi di consenso.

Dietro di lui, con il 66%, arriva il neo-sindaco di Cagliari Massimo Zedda, mentre il terzo posto è in coabitazione fra il barese Michele Emiliano, il salernitano Vincenzo De Luca e il veronese Flavio Tosi: fra i pochi, gli ultimi due, a conservare una posizione ai vertici della graduatoria, che l'anno scorso contavano fra gli altri Peppino Vallone (Crotone) e Massimo Cialente (L'Aquila) dietro al primato del fiorentino Matteo Renzi ora sprofondato in zone più anonime intorno a metà classifica: un pacchetto nutrito, quello dei sindaci che dal Governance Poll non ricevono soddisfazioni, visto che il 50% dei primi cittadini arretra o al limite pareggia il risultato dell'anno scorso.

La classifica stilata dagli elettori che in ogni città hanno risposto positivamente alla domanda-chiave rivolta loro da Ipr Marketing («Se domani ci fossero le elezioni, voterebbe a favore o contro l'attuale sindaco?») non piacerà certamente al Pdl, che occupa in modo quasi integrale le ultime 10 posizioni (l'unica eccezione è il piddino Giovan Battista Mongelli, sindaco di Foggia e penultimo con solo un 45% di elettori disposto a rivotarlo domani).

Nemmeno il Pd, però, ha motivi per stappare champagne: De Magistris e Zedda si sono fatti strada schiacciando il candidato del partito alle primarie o alle urne «vere», e sono fra gli esponenti di punta di quella «primavera arancione» che gli uomini di Bersani hanno sopportato più che supportare quando la spinta elettorale l'ha reso inevitabile. Allo stesso filone appartiene anche Giuliano Pisapia, ma una Milano alle prese con la super-austerity di bilancio e con l'arrivo del nuovo ticket da 5 euro per entrare in macchina nella cerchia dei Bastioni appare molto meno prodiga di favori (con il 51,5% di consensi, 3,6 punti in meno di quelli ottenuti al ballottaggio contro Letizia Moratti, Pisapia si ferma al 76esimo posto su 104).

Anche Michele Emiliano e Vincenzo De Luca hanno costruito una fetta importante della loro cifra politica con le critiche alle varie segreterie che si sono succedute al vertice del Pd, per cui il primo esponente «ortodosso» di peso si incontra all'11esimo posto: è Piero Fassino, che con il 59% di «sì» (e un incremento del 2,6% rispetto alle elezioni di primavera) ottiene un buon risultato ma si tiene ancora lontano dalle performance ottenute negli ultimi anni dal suo predecessore Sergio Chiamparino (che l'anno scorso si piazzò secondo con il 66 per cento).

Smottamenti così importanti nel rapporto fra cittadini e sindaci danno sale all'ampio turno di elezioni amministrative di primavera, primo test politico con Mario Monti a Palazzo Chigi e i partiti impegnati a rivedere un quadro di alleanze quasi completamente saltato. La sfida più difficile pare al momento quella del centrodestra palermitano, impegnato a trovare un candidato in grado di allargare il perimetro dell'alleanza e superare i risultati fiacchi di Diego Cammarata (ultimo, con un 38% di consensi che rappresentano il record negativo degli ultimi anni del Governance Poll). A sinistra, invece, interrogativi pesanti si addensano a Genova su Marta Vincenzi, che arriva alle primarie per la riconferma dopo essere scesa sotto il livello di allarme del 50% (anche a causa delle polemiche sull'alluvione è al 48%, 5 punti sotto il risultato dell'anno scorso).

Da Como a Monza fino ad Alessandria (alle prese anche con l'emergenza bilanci e con l'ondata di avvisi di garanzia, arresti e accuse di danno erariale che hanno colpito i vertici dell'ente nei giorni immediatamente successivi alla realizzazione del sondaggio) le incognite per il centrodestra sono ingigantite anche dalla rottura dell'alleanza fra Pdl e Lega, che deve ancora far vedere i propri effetti sul territorio.

gianni.trovati@ilsole24ore.com

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