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Questo articolo è stato pubblicato il 16 gennaio 2012 alle ore 07:22.
Il Veneto è «Regione autonoma», «costituita dal popolo veneto», e il suo «autogoverno» si attua «in forme rispondenti alle caratteristiche e alle tradizioni della sua storia». Non solo: il Veneto è una Regione «federalista» nel rapporto con i suoi enti locali, e mentre l'Italia discute sull'abolizione delle Province, Venezia giura di voler riconoscere «forme e condizioni particolari di autonomia amministrativa» a quella di Belluno, caratterizzata da un «territorio transfrontaliero, interamente montano e abitato da significative minoranze linguistiche».
Gli Statuti sono la sede d'elezione per le dichiarazioni di principio che strizzano l'occhio alla retorica, e quello del Veneto approvato all'unanimità la scorsa settimana dal consiglio regionale non sfugge alla regola. Il Veneto rimane «autonomo» a parole ma «ordinario» nella realtà, come accade alla Lombardia dal 2008, e proprio nei giorni in cui proclama il proprio autogoverno deve fare i conti con il primo esercizio provvisorio degli ultimi anni e con un bilancio schiacciato dai tagli arrivati con le ultime manovre. Il preventivo 2012 è stato approvato in Giunta a fine anno e attende l'esame del Consiglio regionale, e per evitare incrementi fiscali (oltre a quelli "automatici" prodotti dal decreto «salva-Italia» che ha fatto crescere dello 0,33% l'aliquota di base dell'addizionale regionale all'Irpef: si veda Il Sole 24 Ore del 9 e 10 gennaio) mette in campo tra le varie contromisure anche dismissioni di immobili per 160 milioni: una scommessa audace, soprattutto in una fase in cui la gelata dell'economia ha già mandato deserti parecchi bandi promossi da enti territoriali a caccia di risorse fresche.
La distanza fra i programmi ideali dello Statuto e la pratica concreta dei numeri quotidiani, comunque, sembra ben presente allo stesso Governatore del Veneto, che approvata la nuova Carta della Regione ne ha parlato come di «un punto di partenza e non di arrivo». Per costruire un ponte tra teoria e realtà, ovviamente, Zaia butta tutto in salsa autonomista, riestraendo dal cassetto il tema del federalismo «a geometria variabile» con la richiesta a Roma di competenze aggiuntive sulla base di quanto previsto dagli articoli 116 e 117 della Costituzione. Un sentiero già battuto in passato anche dalla Lombardia, con scarso successo. Un pezzo importante del suo futuro, comunque, dipende in realtà dalle prospettive dell'alleanza Pdl-Lega e lo stesso Governatore, come ha riconosciuto qualche giorno fa al Giornale di Vicenza, sa bene che «nei prossimi due anni può succedere di tutto».
G.Tr.
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