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Questo articolo è stato pubblicato il 15 gennaio 2012 alle ore 08:11.

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ROMA
La risposta più convincente alla crisi che si è abbattuta sull'eurozona, ora ancor più amplificata dal declassamento del rating di Francia, Italia, Spagna, Austria e Portogallo da parte dell'agenzia di rating Standard and Poor's, è procedere senza esitazioni sulla strada dell'unità politica e dell'effettiva unione economica. È l'arma per battere la speculazione e rafforzare l'area dell'euro che vive la sua crisi più grave.
Giorgio Napolitano ha affidato ieri a un messaggio al presidente del Movimento federalista europeo, Lucio Levi, il suo pensiero sull'ulteriore, grave fase di impasse in cui si trova l'Europa. L'occasione è offerta dal convegno dedicato al ruolo dell'Italia per rilanciare l'obiettivo della Federazione europea.
«Le profonde trasformazioni in corso su scala mondiale – scrive il presidente della Repubblica – evidenziano l'urgenza per l'Europa di mettere in campo la più forte volontà comune». Politica debole se non addirittura inesistente, carenza di leadership e di una visione di largo respiro, spazio agli egoismi nazionali: se questo è il contesto con il quale l'Europa deve fare i conti in questo difficile frangente della storia mondiale, è giunto il momento di reagire con vigore. La crisi economica e finanziaria globale «ha trovato le istituzioni europee ancora condizionate da limiti del passato». La risposta alla crisi non è stata finora sufficientemente credibile.
Nel corso del 2011 i vertici europei, e gli incontri internazionali al massimo livello si sono susseguiti a un ritmo impressionante. Ora è in agenda un nuovo round di incontri: prima la doppia riunione dell'Eurogruppo/Ecofin in programma a Bruxelles il 23 e 24 gennaio, poi una settimana dopo il vertice dei Capi di Stato e di governo. Passaggi impegnativi, perché si tratta di dare forma al nuovo «fiscal compact», rafforzando al tempo stesso consistenza e operatività del fondo salva-stati. Il tutto in un quadro in cui l'imperativo categorico resta quello di rilanciare con forza le azioni in direzione della crescita. Appuntamenti che Napolitano seguirà con particolare attenzione, e di cui discuterà domani nel previsto incontro al Quirinale con il presidente permanente dell'Unione europea, Herman Van Rompuy, in visita nella capitale.
È tempo di rompere gli indugi, di procedere «senza ulteriori esitazioni», va ripetendo il Capo dello Stato. Soprattutto ora che lo spettro del default incombe nuovamente sulla Grecia. All'ordine del giorno dell'incontro – secondo quanto ha reso noto lo stesso Van Rompuy – «uno scambio di vedute sull'agenda europea», che investirà con ogni probabilità anche la reazione dei vertici europei al declassamento di Standard and Poor's.
Non vi è in giro per l'Europa, in questo momento, un sentimento particolarmente favorevole sul ruolo delle istituzioni comuni. Napolitano ne è consapevole, e giudica comprensibile – come ha rilevato nel discorso di fine anno – che anche da noi si manifesti oggi insoddisfazione «per il quadro che presenta l'Europa unita. Ma ciò non deve mai tradursi in sfiducia verso l'integrazione europea».
È ferma convinzione del presidente della Repubblica che solo uniti «potremo ancora progredire e contare come europei in un quadro mondiale radicalmente cambiato». Nessun paese può ritenere di poter superare la crisi in atto da solo. Il ritrovato prestigio italiano in sede internazionale può giocare a questo riguardo un ruolo decisivo: all'Italia - osserva Napolitano – «tocca levare la sua voce perché si vada avanti verso una più conseguente integrazione europea, e non indietro verso anacronistiche chiusure e arroganze nazionali».
Abbiamo solo da procedere nel cammino intrapreso, «anche per far meglio sentire, in seno alle istituzioni europee – in condizioni di parità – il nostro contributo a nuove, meditate decisioni ed evoluzioni dell'Unione».
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