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Questo articolo è stato pubblicato il 17 gennaio 2012 alle ore 07:15.

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Giù al Nord i leghisti stanno per venire alle mani. Per ora è tregua armata, in attesa dei congressi. Sabato scorso, mentre Bobo Maroni dagli schermi di Rai Tre perorava la buona causa della Lega degli onesti contro quella degli 'intrallazzatori', a Tregnago, in provincia di Verona, i sostenitori del sindaco Flavio Tosi, maronita della prima ora, si scatenavano contro il deputato Francesca Martini e il suo omologo Alessandro Montagnoli, entrambi veronesi ed entrambi bossiani. Urla, spintoni, una selva di buuuuuuu. I due onorevoli cercavano di argomentare le ragioni del senatur a proposito della richiesta di arresto di Nicola Cosentino.

Pessima idea. La Martini, tra mille interruzioni, è riuscita a concludere il suo discorso; Montagnoli, no. I militanti delle due fazioni si sono fronteggiati e insultati. La rissa, complice il tasso alcolico sostenuto, è stata evitata per un soffio. Serata rovinata? Neanche per idea. Quando Martini e Montagnoli si sono allontanati dalla festa, sul palco è salito il sindaco Tosi, acclamato come un goleador in uno stadio.
Verona come metafora (e laboratorio) della malattia che consuma la Lega. Tosi, in totale sintonia con Maroni, l'alleanza con il Pdl l'ha liquidata sei mesi fa. Il sindaco, spalleggiato dai suoi fedelissimi, tra i quali Paolo Paternoster, presidente della multiutility veronese Agsm, nonché fresco segretario della Lega provinciale e il vicepresidente della Provincia Fabio Venturi, ha elaborato una strategia in due tempi. Il primo ha avuto inizio pochi mesi prima delle politiche e delle amministrative del 2008: dove possibile, almeno nei paesi in provincia di Verona, la Lega si presenti da sola alle elezioni, mandando all'opposizione il Pdl. Battaglia vinta in 23 Comuni su 98. «La differenza tra noi e il Pdl: noi ci crediamo, loro non so» dice il sindaco di Valeggio sul Mincio, Angelo Tosoni.

Con una espressione dubitativa, riguardo a quel non sono, che è tale solo per buona educazione.
Dopo essersi assicurato un consenso granitico alla periferia del capoluogo, Tosi ha lavorato ai fianchi il Pdl laddove non poteva essere fatto fuori su due piedi: la città di Verona e la Provincia. Giorno dopo giorno i tosiani hanno fatto esplodere le contraddizioni dello schieramento alleato, coordinato dal duo Alberto Giorgetti-Aldo Brancher. Una settimana fa il vice sindaco di Tosi, Vito Giacino, del Pdl, ha sparato contro i vertici del suo partito: «Abbiamo la stessa classe dirigente da vent'anni. E ora di cambiarla». Le critiche del vicesindaco erano state precedute dagli attacchi pesantissimi del vicepresidente della Provincia, il tosiano Venturi, nei confronti di Giorgetti, sottosegretario all'Economia del Governo Berlusconi: «Non si è dato da fare per portare a casa il finanziamento del filobus di Verona.

L'impressione è che si sia rallentata la pratica per non far fare bella figura al sindaco Tosi». Parole pesanti. Che Venturi non ritratta: «Alla prima riunione utile del Cipe, non appena nominato premier Mario Monti, i quattrini per Verona sono stati subito erogati». Giorgetti ha minacciato querele, ma il colpo di grazia arriverà a primavera. Tosi, di rinforzo a Maroni, si prepara a presentarsi alle elezioni comunali di primavera con un monocolore leghista e quattro liste di sostegno, una delle quali, disobbedendo al segretario regionale veneto (ma i leghisti lo chiamano nazionale) Giampaolo Gobbo, con il suo volto e il suo nome sul simbolo. Pdl fuori gioco, dunque. Qualche chance di intesa potrebbe averla il Terzo polo «ma solo al ballottaggio», precisa Venturi.

Il progetto dovrebbe concludersi con la vittoria elettorale, a meno che i bossiani non cadano nella trappola dell'autolesionismo. In questo caso ci sarebbe un'altra candidata della Lega, l'ex sottosegretario Martini. Tutto dipende dall'evoluzione che avrà la lotta interna al partito. Morale: almeno in Veneto e a Verona, o prevale Maroni o la Lega si spacca. Ieri sera, l'ex ministro degli Interni, dopo un pomeriggio passato in via Bellerio a discutere con Bossi, ha preferito non rispondere alle domande dei giornalisti. Solo una frase: «Sono lusingato dall'invito che mi hanno rivolto 320 sezioni della Lega. Se li accontento tutti, sono impegnato per dieci anni», ha scherzato l'ex ministro. Il primo della serie è fissato domani al teatro Apollonio di Varese, dove hanno confermato la loro presenza 1.200 persone. Una scelta non casuale: sull'asse Verona-Varese si gioca il destino politico di Maroni e della Lega.

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