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Questo articolo è stato pubblicato il 17 gennaio 2012 alle ore 10:09.

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Costa Crociere punta il dito sul comandante per giustificare il naufragio della Concordia e si considera parte lesa nella vicenda. Mentre nega che ci siano stati problemi nell'organizzazione dell'evacuazione, se non quelli dettati dal comprensibile panico dei passeggeri e dall'inclinazione della nave.

Pier Luigi Foschi, ceo della compagnia italiana del gruppo Carnival, ieri ha fornito alla stampa la sua lettura delle ragioni di un disastro considerato, da tecnici ed esperti del settore, inspiegabile per una nave al top della tecnologia. Foschi si è commosso più volte nel corso dell'incontro, presentando «scuse sincere ai nostri ospiti e a coloro che sono stati colpiti dalla tragedia». Ma affermando che «tutti i membri dell'equipaggio si sono comportati da eroi. Hanno agito di notte, su una nave la cui inclinazione non ha consentito di calare regolarmente le lance di salvataggio. Ma in quella situazione sono state evacuate 4 mila persone in due ore».

Una difesa che si scontra, però, contro un'altra realtà: il fatto che l'incidente sia avvenuto non nel mare in tempesta ma con condizioni meteorologiche ottimali. E qui, per Foschi, scatta la responsabilità diretta del comandante, Francesco Schettino, nel disastro. «Costa Crociere - ha detto Foschi - darà assistenza legale al comandante. Ma l'azienda ha il dovere anche di tutelare i suoi 24mila dipendenti. E non possiamo negare un errore umano». Schettino, ha aggiunto, «stava facendo un saluto all'isola del Giglio; era sul ponte di comando al momento dell'incidente» e aveva cambiato rotta con una «manovra non approvata, né autorizzata da Costa».

La compagnia, ha proseguito, «non può associarsi a questo comportamento: il comandante ha preso una decisione contraria alle regole scritte, deviando dalla rotta corretta che era stata impostata sul computer alla partenza da Civitavecchia». Foschi ha negato, poi, che sia una consuetudine della compagnia far transitare navi sottocosta all'isola del Giglio (una circostanza di cui parlano più testimoni) e ha aggiunto che solo a un'unità era stato concesso, «tra il 9 e il 10 agosto del 2011, per la festa di San Lorenzo. Ma vicino all'isola significa a non meno di 500 metri». Mentre, ha detto, «riteniamo che (venerdì sera, ndr) la nave fosse a 150 metri dalla costa».

Dunque, ha aggiunto, «sento che l'azienda, in questo momento, è parte lesa». Riguardo all'evacuazione, però, Foschi ha affermato che, secondo testimonianze interne, non risulterebbe alla compagnia un abbandono anzitempo della nave da parte del comandante (che è indagato anche per questo) ma che Schettino sia «rimasto molto a lungo sulla nave». Sotto il profilo dei danni, Foschi ha indicato in 93 milioni di dollari «la prima quantificazione»: si tratta di quelli determinati dal non avere più a disposizione la nave. «C'è, inoltre -ha proseguito - una serie di ulteriori costi» derivanti dall'impatto sulle vendite future, che «appartengono ad una categoria che le assicurazioni non riconoscono».

Poi, come anticipato dal Sole 24 Ore di domenica scorsa, c'è la perdita della nave, assicurata dal broker Aon per un valore di oltre 400 milioni di euro e coperta da diverse compagnie, tra le quali Generali, Rsa e Xl Group. Mentre è affidata ai club P&I, Standard in testa, la copertura dei danni all'equipaggio, ai passeggeri ed, eventualmente, all'ambiente. Foschi, peraltro, ritiene che il naufragio «potrà avere un impatto sul mercato delle crociere e ancor più sulla nostra compagnia ma non credo avrà conseguenze a lungo termine».
Mentre Enrico Scerni, presidente del Registro navale italiano (Rina), l'ente che ha verificato e certificato, in novembre, la regolarità di tutte le dotazioni di Concordia, si lascia andare a uno sfogo: «Una follia che sia potuto accadere un simile incidente col mare calmo e in una notte stellata. Andare così vicino alla costa è una bravata da velista, non può farla chi conduce una nave di quelle dimensioni».

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