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Questo articolo è stato pubblicato il 22 gennaio 2012 alle ore 08:12.

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ROMA.
Alla fine Luigi De Magistris e Gioacchino Genchi sono stati rinviati a giudizio. Ieri a Roma il gup (giudice per l'udienza preliminare) Barbara Callari ha accolto la richiesta del procuratore aggiunto Alberto Caperna: l'ex pubblico ministero di Catanzaro, oggi sindaco di Napoli, e il consulente informatico, dovranno essere processati. L'accusa è di aver acquisito nel 2009 in modo illegittimo i tabulati telefonici di alcuni parlamentari: Romano Prodi, Beppe Pisanu, Marco Minniti, Sandro Gozi, Antonio Gentile, Francesco Rutelli, Giancarlo Pittelli, che tutti, tranne Pisanu, si sono costituiti parte civile. Per poter procedere nell'uso giudiziario di quei tabulati era necessario che la procura chiedesse - e non fu fatto - l'autorizzazione al ramo del Parlamento di cui gli interessati facevano parte. Così il reato ipotizzato dalla procura di Roma è concorso in abuso d'ufficio. Il dibattimento comincerà il 17 aprile alla seconda sezione penale del tribunale.
«Sono amareggiato - ha commentato il sindaco di Napoli - per la decisione del Tribunale di Roma rispetto a un procedimento in cui mi appare chiara l'incompetenza dell'autorità giudiziaria di Roma, così come è ancora più evidente l'infondatezza dei fatti». Ieri la giunta comunale ha espresso piena fiducia nel sindaco. Per l'avvocato Nicola Madia, legale di Mastella, il rinvio a giudizio rappresenta «un primo, seppur parziale e ancora sottoposto al vaglio del tribunale, risarcimento quantomeno morale per l'ex ministro». La vicenda giudiziaria parte dal 2006 ed è nota soprattuto per il caso Why Not, una clamorosa inchiesta di De Magistris che scatena una bufera giudiziaria e politica. Si ipotizzava una loggia massonica coperta e un gruppo di potere trasversale: l'avviso conclusione indagini fu notificato a 106 persone.
L'iscrizione nel registro degli indagati di Mastella, che come titolare del ministero di Grazia e Giustizia aveva chiesto il trasferimento di De Magistris per presunte irregolarità nella gestione di altre indagini, portò nell'ottobre del 2007 all'avocazione dell'inchiesta da parte del procuratore generale facente funzioni di Catanzaro, Dolcino Favi; poi le carte furono affidate a un pool di magistrati guidati da Enzo Jannelli, appena nominato procuratore generale. Nel dicembre 2008 scoppiò la guerra tra apparati giudiziari: la procura di Salerno e la procura generale di Catanzaro. I magistrati campani sequestrarono i fascicoli nel corso di un'indagine su un presunto complotto per bloccare le indagini di De Magistris, nel frattempo trasferito a Napoli come giudice al Tribunale. La Procura generale catanzarese controsequestrò gli atti. Davanti a questi fatti, il Csm ha trasferito la gran parte dei magistrati protagonisti della vicenda.
Why Not è poi sfociata in due processi, uno davanti al gup, concluso con otto condanne e 34 assoluzioni, e uno ancora in corso davanti al Tribunale di Catanzaro, nei confronti di politici e amministratori regionali tra i quali gli ex presidenti della Regione Calabria, Agazio Loiero, del centrosinistra, e Giuseppe Chiaravalloti, del centrodestra.
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