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Questo articolo è stato pubblicato il 22 gennaio 2012 alle ore 08:11.

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TRIPOLI. Dal nostro inviato
Chiuso in una lunghissima e superblindata limo stretching bianca Mario Monti è appena reduce dalla firma della "Tripoli decalaration" con il premier provvisorio libico Abdel Rahim al-Kib. Dentro la macchina il presidente del Consiglio italiano percepisce appena, in piazza dei Martiri (l'ex Piazza verde dei comizi gheddafiani), il rumore di qualche petardo o i colpi di una delle tante pistole ancora in circolazione. La sicurezza in Libia resta ancora il vero "problema".
Non sono sicuramente petardi bensì ordigni artigianali quelli lanciati ieri a Bengasi contro il quartier generale del Consiglio nazionale transitorio, a pochi metri dalla sede provvisoria del consolato italiano, una sorta di nostro presidio diplomatico in Cirenaica dopo l'assalto e l'incendio del vecchio consolato nel 2006 per la vicenda della maglietta anti-Islam di Roberto Calderoli. Ieri una folla inferocita, dopo avere lanciato ordigni improvvisati ha assaltato il quartier generale del Cnt. E ha cercato di aggredire il presidente, Mustafa Abdel Jalil, mentre veniva scortato fuori dall'edificio. È una protesta che dura da giorni per reclamare la cacciata dei funzionari conniventi con il passato regime.
Anche di questo, di come gestire in maniera pacifica la transizione e le elezioni di giugno, hanno parlato ieri Monti e il premier libico al-Kib. L'Italia darà il suo contributo al processo riformatore ma senza ingerenze. Ed è questo il senso del nuovo patto di amicizia firmato da Monti e al-Kib e subito denominato "Tripoli declaration", nuovo quadro di riferimento per la futura cooperazione tra i due Paesi del Mediterraneo.
Monti, che aveva incontrato in dicembre il presidente del Consiglio nazionale transitorio Jalil, ha guidato ieri a Tripoli una missione strutturata insieme ai ministri degli Esteri Giulio Terzi e della Difesa Giampaolo Di Paola. Il nostro Paese, ha spiegato Monti «ha contribuito al successo della rivoluzione e intende continuare ad essere un fattore di promozione dello sviluppo economico e di sostegno al processo di transizione». Anche il premier libico al-Kib ha sottolineato l'importanza dei rapporti tra i due Paesi dando atto al Governo Monti di una «visione progredita nel capire i rapporti internazionali». Quanto al passato coloniale al-Kib ha precisato che anche la nuova Libia, così come Gheddafi, «ha perdonato» il colonialismo italiano. Solo un brevissimo accenno ma nessun richiamo esplicito al "grande gesto" di riconciliazione previsto dal Trattato di amicizia che aveva fissato in 5 miliardi di dollari in venti anni il finanziamento per l'autostrada litoranea. Di più non si poteva ottenere e lo stesso linguaggio della Tripoli declaration «non poteva - ha aggiunto Monti - non risentire dei cambiamenti che sono intervenuti dopo la caduta di Gheddafi».
Monti e al-Kib hanno anche concordato che tutti i crediti vantati da enti libici nei confronti dell'Italia e da aziende italiane nei confronti della Libia verranno onorati dopo essere stati verificati. Per l'Italia si parla di contratti in essere sospesi per un valore tra i 400 e i 500 milioni di euro mentre ammonterebbero a circa 100 milioni i danni subiti da aziende italiane durante il conflitto. Rimane ancora da definire, invece, la questione dei vecchi insoluti di pagamento per 620 milioni di dollari la cui definizione era stata delegata dal Trattato di amicizia a una commissione tecnica italo-libica.
Sempre ieri Monti ha accolto la richiesta di al-Kib di curare negli ospedali italiani fino a 1.500 feriti libici e di addestrarli per il reinserimento nella vita civile. I due primi ministri hanno anche valutato positivamente la lettera di intenti firmata ieri dai ministri della Difesa di Italia e Libia per l'addestramento di forze di sicurezza soprattutto a difesa dei campi petroliferi e per il controllo delle frontiere terrestri e marittime con apparecchiature messe a disposizione dall'Italia (Selex e Gem elettronica). A febbraio il problema dei flussi migratori verrà poi approfondito da una missione del ministro dell'Interno Annamaria Cancellieri mentre gli aspetti della cooperazione economica saranno affrontati dal ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera che guiderà una missione di imprenditori. Già ieri Monti e al-Kib hanno concordato la necessità di favorire la crescita di piccole imprese in Libia e di una cooperazione nel settore bancario, culturale e dell'istruzione.
Forse per la prima volta un premier italiano è ripartito da Tripoli senza avere ricevuto in "omaggio" qualche arrugginito moschetto '91 del Regio esercito italiano. Al contrario Monti ha riportato al Governo libico la testa in marmo di Domitilla (69 D.C.) trafugata nel '90 dal museo di Sabrata e messa all'asta da Christie's e ha consegnato al Governo provvisorio le chiavi di 15 fuoristrada che verranno utilizzati per pattugliare i campi petroliferi.
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