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Questo articolo è stato pubblicato il 28 gennaio 2012 alle ore 18:46.

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La Lega Araba ha deciso di sospendere la missione degli osservatori inviati in Siria per cercare di risolvere la crisi in corso e valutare l'effettiva applicazione dell'iniziativa di pace. La decisione è stata presa dal segretario generale della Lega Araba, Nabil al-Arabi, e non dai ministri degli Esteri arabi, ha precisato un portavoce. Al momento non è stata fornita alcuna indicazione sulla data in cui la missione riprenderà: c'è solo un generico «quando la situazione migliorerà» del portavoce. In realtà la missione dei 60 osservatori, nel Paese da dicembre, ha suscitato poche simpatie e prodotto magri risultati: guardata con diffidenza dal regime di Assad che ha definito «ipocrita» la Lega Araba; sminuita dagli stessi ribelli che denunciano ispezioni radiocomandate dal Damasco; delegittimata dagli osservatori internazionali che rilevano come molti controllori facciano parte a loro volta di regimi sanguinari.

I dubbi sulla missione ora sospesa sono testimoniati dal fatto che, malgrado la presenza degli osservatori, la violenza nel Paese non si è arrestata. Il prossimo appuntamento è fissato per il 5 febbraio, quando i ministri degli Esteri della Lega Araba si rivedranno per deciderne l'eventuale ritiro. Una fonte dei Ventidue ha spiegato che il segretario generale dell'organizzazione, Nabil El Araby, può ritirare gli osservatori se la loro vita fosse in pericolo o non fossero più in grado di adempiere pienamente alla loro missione.

I guai, però, non sono finiti per chi spera in una soluzione pacifica e per chi vede nell'alleanza sciita, maggioranza in Iran e minoranza potente in Siria (sono sciiiti la famiglia Assad e i vertici dell'esercito) una minaccia alla stabilità della regione. Il consiglio nazionale siriano (Cns), che raggruppa le correnti di opposizione nato in Turchia sul modello di quello libico che grazie alla Nato è riuscito a rvesciare Gheddafi, condanna oggi la «partecipazione» dell'Iran alla repressione mortale dei movimenti di protesta nel Paese e rivolge un appello a Teheran affinché cessi di sostenere il regime di Damasco. «Il Consiglio - ha detto Samir Neshar, membro del comitato esecutivo del Cns, durante una conferenza a Istanbul - condanna la partecipazione del regime iraniano al massacro dei siriani che si battono per la libertà e chiede di fermare la partecipazione alla repressione della rivoluzione siriana per proteggere le relazioni tra i due popoli».

Solo oggi sono morte almeno 20 persone nella repressione delle forze governative, secondo i Comitati locali di coordinamento dell'opposizione. Dieci di queste vittime sono a Homs, la città martire che sta facendo l'opposizione più dura al regime e sta pagando il prezzo di vite più alto. Da marzo scorso - quando sull'onda della primavera araba sono iniziate le rivolte in Siria, dopo analoghe rivoluzioni in Tunisia, Egitto e Libia - sono morte più di cinquemila persone nel Paese, circa 300 bambini.

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