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Questo articolo è stato pubblicato il 28 gennaio 2012 alle ore 14:57.

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L'Italia torna alla testa dei caschi blu in LibanoL'Italia torna alla testa dei caschi blu in Libano

Dopo due anni di opaca e a tratti inadeguata leadership spagnola, i 12 mila caschi blu schierati nel sud del Libano tornano sotto il comando italiano come tra il 2007 e il 2010 quando alla guida della missione Unifil sedeva il generale Claudio Graziano, attuale capo di stato maggiore dell'esercito. ''Cambia il comandante ma il mandato resta lo stesso così come definito dal Consiglio di sicurezza nell'ambito della risoluzione 1701 dell'Onu'' ha dichiarato il generale Paolo Serra durante la cerimonia di passaggio delle consegne con Alberto Asarta Cuevas tenutasi questa mattina al quartier generale di Naqoura, a pochi chilometri dal confine israeliano.

Elementi chiave nel prosieguo della missione, ha poi sottolineato il generale Serra, ''sono il mantenimento degli impegni delle parti nella cessazione delle ostilità e nel pieno rispetto della risoluzione 170'', incluso il rispetto della linea di demarcazione definita dall'Onu, la cosiddetta Linea Blu. Il generale Serra, già distintosi alla guida della brigata alpina Julia in Afghanistan, ha sottolineato ''l'importanza delle relazioni con le forze armate libanesi con le quali dobbiamo continuare a perseguire l'obiettivo comune della pace e della stabilità".

Al di là delle frasi di circostanza Serra eredita una situazione molto tesa per i caschi blu in un Libano che è oggi prima linea non solo del confronto tra Hezbollah e Israele ma anche nel conflitto civile siriano. Dal Libano del nord transitano molte delle armi dirette ai ribelli che combattono il regime di Bashar Assad che tenendo un'invasione ha minato pesantemente il confine. Il supporto all'insurrezione siriana fornito da tutti i Paesi occidentali rischia poi di esporre i caschi blu e soprattutto i contingenti italiano, francese e spagnolo ad azioni terroristiche sponsorizzate da Damasco.

L'anno scorso i soldati dell'Onu hanno subito tre attentati, uno ha ferito sei soldati italiani anche se è difficile attribuire le responsabilità in un Paese nel quale polizia ed esercito regolari sono in parte legati a Hezbollah e servizi segreti siriani non c'è dubbio che, soprattutto nella regione meridionale tra il Fiume Litani e il confine israeliano (area di schieramento dei caschi blu) neppure le cellule di al Qaeda presenti in un paio di campi profughi palestinesi vicino a Tiro riuscirebbero a compiere attentati e a muoversi sul territorio senza che i miliziani sciiti e gli agenti di Damasco ne siano informati. I rapporti tra Unifil ed Hezbollah sono peggiorati progressivamente negli ultimi anni a causa dei numerosi depositi di armi ed esplosivi occultati dai miliziani sotto gli edifici, che a volte sono esplosi perché stoccati in modo errato o a causa di sabotaggi attribuiti agli israeliani. L'ultimo episodio è accaduto in novembre nel settore assegnato al contingente italiano riportando alla ribalta il sostanziale fallimento di Unifil che in base alla Risoluzione 1701 avrebbe dovuto disarmare Hezbollah.

Un disarmo mai attuato anche se il comando di Naqoura attribuisce tale compito alle forze libanesi che per espletarlo potrebbero chiedere il supporto ai caschi blu. Nella pratica nessuno ha mai cercato di sottrarre armi agli Hezbollah che invece si sono rafforzati ripristinando gli arsenali di razzi e acquisendo persino missili iraniani in grado di colpire tutto il territorio israeliano e non solo la Galilea. Due settimane or sono, in visita a Beirut, il Segretario generale dell'Onu Banki-moon ha ribadito la necessità di disarmare Hezbollah chiedendo a tutte le milizie di rinunciare al loro arsenale e dicendosi ''preoccupato'' per la situazione libanese.

Un gesto che ha inasprito le tensioni con il movimento scita il cui leader Seyed Hassan Nasrallah, ha risposto provocatoriamente di essere felice per le preoccupazioni di Ban ki-moon.''Queste preoccupazioni ci rassicurano e ci fanno piacere . Non ci interessa se gli Stati Uniti e Israele sono preoccupati'', ha aggiunto il leader sciita. ''Confermiamo che la nostra scelta sono la via della resistenza e le armi della resistenza''. Il contesto nel quale opera oggi la missione di pace dell'Onu non è quindi dei più agevoli e coinvolge direttamente l'Italia che per i prossimi due o tre anni avrà il comando dei 12 mila caschi blu provenienti da 35 Paesi. Di questi poco più di 1.100 sono italiani. Il contingente dell'Operazione Leonte ha subito tagli consistenti l'anno scorso riducendosi di un terzo rispetto ai 1.780 militari presenti un anno or sono , Un taglio che ha permesso di ridurre i costi a 157 milioni nel 2012 contro i 198 milioni del 2011 e i 260 del 2010.

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