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Questo articolo è stato pubblicato il 29 gennaio 2012 alle ore 18:12.

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Oscar Luigi Scalfaro nel suo studio. 1989, foto AnsaOscar Luigi Scalfaro nel suo studio. 1989, foto Ansa

Con la morte del presidente emerito della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro «Novara vede scomparire uno dei suoi figli più illustri»: così ha detto il sindaco Andrea Ballarè, che ha proclamato una giornata di lutto cittadino. A Novara Scalfaro era nato il 9 settembre 1918 e lì aveva cominciato il suo impegno sociale e politico: il primo incarico era stato quello di presidente diocesano, prima della Gioventù maschile e poi dell'Azione cattolica. Durante la lotta partigiana Scalfaro si è adoperato per aiutare gli antifascisti. Eletto deputato alla Costituente, è sempre stato confermato nel mandato dagli elettori nella circoscrizione di Torino-Novara-Vercelli.

La casa editrice novarese Interlinea aveva da tempo in cantiere un volume dedicato a Scalfaro e al profondo rapporto verso la sua terra, con testi del giornalista della "Stampa" Gianfranco Quaglia e fotografie di Mario Finotti, oltre a immagini d'archivio e a un ricordo inedito di don Angelo Stoppa. «Proprio il compianto sacerdote e storico novarese fu tra coloro che spinsero il giovane Oscar a candidarsi alle prime elezioni - raccontano Roberto Cicala e Carlo Robiglio di Interlinea edizioni – e aveva già scritto un testo su Scalfaro all'indomani della sua elezione a capo dello Stato, ma il neoletto presidente della Repubblica ci aveva chiesto di non pubblicarlo, facendoci promettere di aspettare ancora diversi anni prima di far uscire il volume novarese su di lui. Abbiamo mantenuto la promessa e ora pubblicheremo il volume come omaggio popolare e culturale a un novarese diventato capo della Nazione».

Come scrive Gianfranco Quaglia, con questo volume non si è cercato di fare «l'agiografia di un politico, di un democristiano o di un devoto alla Madonna». Più semplicemente nel libro c'è il tentativo di ricostruire «la figura di un uomo che ha dedicato gran parte della sua vita all'impegno politico, ma soprattutto una scelta per spiegare e raccontare, attraverso la cronaca, i ricordi professionali e personali, il rapporto che Scalfaro ha avuto con la terra d'origine, cui è rimasto legato al punto da non trasferire la residenza neppure durante il settennato al Quirinale».

Il suo attaccamento al territorio - dalle risaie della pianura alle pendici del Monte Rosa - è indiscutibile. Ecco perché quella del presidente Scalfaro, scrive ancora Quaglia, è «una storia novarese, che si colora di nebbie, scenari orizzontali e calure estive anche quando la cornice si allarga e diventa più romana» e chi lo ha seguito per motivi professionali «ha via via scoperto i suoi aspetti umani, la correttezza, la coerenza, ma anche la capacità di indignarsi, senza sbavature né clamori, con la fermezza e l'autorevolezza del credente».

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