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Questo articolo è stato pubblicato il 30 gennaio 2012 alle ore 17:15.

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Giuseppe Ciarrapico. Foto AnsaGiuseppe Ciarrapico. Foto Ansa

Truffa aggravata ai danni dello Stato, favoreggiamento, violazione della disciplina della responsabilità amministrativa delle società, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. Questi i reati per i quali, a vario titolo, il senatore del Pdl, Giuseppe Ciarrapico, il figlio Tullio e altre dieci persone sono state rinviate a giudizio dal Gup di Roma, Nicola Di Grazia.

Maxi-truffa potenziale ai danni dell'Erario da 45 milioni di euro
Il processo, che inizierà il prossimo 28 giugno davanti al giudice monocratico, riguarda una maxi-truffa potenziale ai danni dell'Erario da 45 milioni di euro (di cui solo 22,5 milioni circa sono stati effettivamente erogati) che gli imputati avrebbero architettato al fine di ottenere i finanziamenti del Dipartimento per l'Informazione e l'Editoria della presidenza del Consiglio dei ministri. Il Gup ha dichiarato il non doversi procedere, per intervenuta prescrizione, in relazione ai fatti contestati avvenuti tra il 2002 e il 2003, nonché nei confronti della società Nuova Editoriale Oggi (reato prescritto) e della Editoriale Ciociaria Oggi srl (società fallita). Il Dipartimento per l'Informazione e l'Editoria si é costituito parte civile attraverso l'avvocato Massimo Giannuzzi.

Prestanomi ultraottantenni, al fine di aggirare i vincoli
Secondo le Fiamme gialle, Ciarrapico avrebbe costituito due cooperative editoriali, Nuova Editoriale Oggi e Editoriale Ciociaria Oggi, facendo risultare come amministratori due prestanome ultraottantenni, al fine di aggirare i vincoli previsti dalle norme sui finanziamenti all'editoria. In realtà, secondo la Guardia di Finanza, a gestire le due cooperative era lo stesso senatore. I fondi per l'editoria, si legge nel capo di imputazione, furono ottenuti "attraverso artifizi e raggiri consistiti nel presentare una falsa situazione di fatto e contabile delle predette società, in particolare fornendo false dichiarazioni relative all'insussistenza delle condizioni di incompatibilità, nonché attestando falsamente che la maggioranza del relativo capitale sociale era posseduta da società cooperativa, quest'ultima risultata, di fatto, svuotata si un seppur minimale potere decisionale". La legge prevede infatti che non possano fruire dei contributi le "imprese collegate con l'impresa richiedente, o controllate da essa, o che la controllano, o che siano controllate dalle stesse imprese, o dagli stessi soggetti che la controllano".

Le due cooperative sarebbero state di fatto un'unica impresa
Per il Pm, Simona Marazza, Ciarrapico e i suoi sodali avrebbero indotto in errore l'Ufficio editoria servizio provvidenze della Presidenza del Consiglio dei ministri, ottenendo i benefici della legge 250/90. Secondo chi indaga le due cooperative sarebbero state di fatto un'unica impresa che, eludendo le norme in materia, avrebbe percepito il doppio di quanto sarebbe spettato loro. A maggio 2010, nell'ambito della medesima indagine, furono sequestrati a Ciarrapico immobili e beni per un valore complessivo di 20 milioni di euro, pari alla somma che sarebbe stata indebitamente percepita per gli anni dal 2002 al 2005. Altri 2,5 milioni, relativi al 2006, sono stati erogati solo in parte. Gli altri importi richiesti dalle cooperative riconducibili a Ciarrapico per le annualità successive, fino al 2010, non sono stati erogati per effetto dell'inchiesta condotta da Piazzale Clodio. (Radiocor)

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