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Questo articolo è stato pubblicato il 31 gennaio 2012 alle ore 06:37.

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Le erogazioni di prestiti alla clientela sono in discesa, ma la responsabilità non è delle sole banche: quando si parla del tanto temuto «credit crunch» occorre anche considerare lo stato di salute del Paese e guardare alla classe imprenditoriale che, sfiduciata, rinuncia a investire e a chiedere agli stessi istituti di concedere credito proprio a causa della fase di incertezza. Il tema era il 150esimo anniversario dell'Unità d'Italia e l'occasione la presentazione del ciclo di incontri «Vincitori e vinti. L'Italia e il Risorgimento», ma Giovanni Bazoli, presidente del Consiglio di Sorveglianza di Intesa Sanpaolo, ha trasformato l'occasione per intervenire a tutto campo, soffermandosi ieri sull'attuale situazione del sistema finanziario italiano e sulla difficile strada delle riforme intrapresa dal governo Monti.
Rispondendo alle domande del pubblico, Bazoli non ha certo nascosto i problemi delle banche, alle prese con le difficoltà nel reperire finanziamenti a tassi concorrenziali attraverso i canali tradizionali del mercato e con la necessità di aumentare la dotazione di patrimonio imposta dalle severe indicazioni dell'Autorità bancaria europea (Eba), che spingono gli stessi istituti a stringere i cordoni del credito. «C'è qualcosa di vero, non lo voglio negare», ha sottolineato, prima però di condividere la totale responsabilità del fenomeno con il resto del sistema Italia: «È il cavallo che non beve – ha aggiunto, ripescando una nota metafora – le domande non giungono da parte degli industriali, che sono sfiduciati». Ed è proprio in uno scenario simile che le banche devono tener fede al proprio compito «restituire fiducia» a imprese e cittadini e al Paese nel suo complesso.
La crisi è infatti innegabile e la possibilità di uscirne «dipende certamente dagli sforzi che sta facendo il nuovo Governo, ma è anche condizionata da vicende internazionali», ha ricordato a margine della presentazione il presidente del Consiglio di Sorveglianza di Intesa Sanpaolo, che non ha mancato di sottolineare l'importanza delle iniziative adottate dalla compagine ministeriale facendo anche riferimento al miglioramento dello spread BTp-Bund e al buon esito delle ultime aste del Tesoro. Fondamentale, sotto questo aspetto, è anche l'opera di «divulgazione» del premier, Mario Monti. «Ora – ha aggiunto Bazoli – ci sarà anche la visita del presidente Monti negli Stati Uniti, che sarà utile anche perché là ci sono segnali di qualcosa di positivo che giustifica la ripresa dell'economia: spiragli e segnali tanto più fondati in quanto nell'anno delle elezioni presidenziali c'è sempre uno sforzo importante per realizzare la ripresa».
Il problema, semmai, sta nell'intera Europa, che dovrà «sapersi agganciare» alla ripresa della locomotiva statunitense e su questo tema arriva anche l'appello ai rappresentanti dei governi del Vecchio Continente in riunione a Bruxelles: «La gravità della crisi e la situazione di emergenza che ci ha portato sull'orlo del baratro, vale sia per l'Italia sia per l'Europa, ha creato una nuova consapevolezza circa la necessità di fare delle cose veramente importanti, di decisioni coraggiose». Mosse tempestive che, ha ricordato, «riguardano soprattutto la necessità di passare dall'Unione economica e finanziaria a quella politica».
Bazoli ha individuato l'ideale «fil rouge» fra il tema della presentazione e lo scenario attuale nel concetto del federalismo. «Queste idee - ha sottolineato nel corso della conferenza stampa, ricordando il pensiero di Carlo Cattaneo e alludendo anche al cattolicesimo liberale di Alessandro Manzoni e Antonio Rosmini – oggi forse potrebbero dare una risposta civile e politica. Per due volte in un secolo, cioè alla fondazione dello Stato unitario e nella fase costituente della Repubblica, anche se in questo caso con l'aggiunta del regionalismo, si è voluto adottare un modello che non ha riconosciuto adeguatamente le autonomie, e ciò ha nuociuto». «Il federalismo – ha poi concluso Bazoli, facendo riferimento all'epoca del Risorgimento – è stato un vinto che stava per tornare vincitore e che ora siamo di nuovo nel dubbio che torni a essere vinto».
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