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Questo articolo è stato pubblicato il 31 gennaio 2012 alle ore 08:36.

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L'ufficio di presidenza della Camera ha deciso di ridurre lo stipendio dei deputati di 1.300 euro lordi al mese (circa 700 netti). Il provvedimento sarà immediatamente esecutivo; per oggi è fissata la riunione del consiglio di presidenza del Senato. Montecitorio ha anche dato il via libera al passaggio al sistema contributivo nel calcolo dei vitalizi. Intanto il Governo ha fissato un tetto alle buste paga dei manager pubblici.

Vitalizi addio e, insieme, stipendi bloccati. I deputati (ma oggi il Senato deciderà una stretta analoga) hanno varato ieri la stretta che avevano promesso di deliberare entro la fine di gennaio. Hanno inaugurato il passaggio al sistema pensionistico contributivo e, nello stesso tempo, hanno rinunciato all'incremento (che ne sarebbe derivato) di circa 700 euro netti mensili. Il nuovo sistema previdenziale avrebbe infatti avuto come diretta conseguenza un notevole abbassamento delle trattenute in busta paga, facendo paradossalmente aumentare l'importo dell'indennità. «Visti i sacrifici richiesti a tutti i cittadini, non ci sembrava il caso di lasciar passare un intervento di quel genere» confessa un componente dell'ufficio di presidenza, il "cda" di Montecitorio che ieri ha dato il via libera al giro di vite.

Ecco dunque quel "taglio" di 1.300 euro lordi a deputato che andrà in un apposito fondo nelle disponibilità della Camera. Il fondo, secondo quanto annuncia il questore del Pdl Antonio Mazzocchi, accantonerà le risorse a tutela di eventuali ricorsi da parte dei deputati. Sono già circa 20 infatti i parlamentari che si sono opposti al nuovo regime previdenziale e attendono una risposta da Montecitorio. L'apposito organo giurisdizionale si riunirà domani.

Insieme ai deputati, anche i dipendenti della Camera passano al contributivo pro rata dicendo addio al sistema retributivo. Stabilito inoltre l'innalzamento a 66 anni del requisito anagrafico per l'accesso alla pensione di vecchiaia e a 67 anni a partire dal 2021, l'innalzamento a 41 anni per le donne e a 42 per gli uomini dell'anzianità contributiva per l'accesso alla pensione anticipata.

Mantenuta la promessa di riduzione del 10% (ma non si è arrivati al 15% come pure si era ventilato nei giorni scorsi) delle indennità d'ufficio spettanti ai deputati titolari di incarichi istituzionali (Presidente della Camera, vicepresidenti, deputati questori, segretari di presidenza, presidenti e membri degli uffici di presidenza dei diversi organi parlamentari, delle delegazioni parlamentari presso le assemblee internazionali e componenti degli organi interni di giurisdizione).

Quanto ai portaborse l'impegno è quello di presentare «con la massima tempestività» una proposta di legge per disciplinare in maniera organica la figura del collaboratore parlamentare, «anche tenendo conto delle esperienze di altri parlamenti europei». La proposta di legge sarà predisposta dai deputati questori e sottoposta alla sottoscrizione dei componenti dell'ufficio di presidenza. Quello che conta è che l'intervento legislativo dovrà essere approvato nel corso dell'attuale legislatura affinché il nuovo regime possa essere applicato a partire dalla prossima.

Nuova gestione inoltre per il rimborso «eletto-elettori» di 3.690 euro. Si prevede, infatti, che una quota, fino ad un massimo del 50%, sia corrisposta a titolo di rimborso di specifiche categorie di spese che devono essere documentate. Si tratta, in primo luogo, delle spese sostenute per i collaboratori, in relazione alle quali il deputato - oltre a dichiarare di aver assolto agli obblighi previsti dalla legge - dovrà consegnare copia del relativo contratto certificato da un consulente del lavoro o altro professionista qualificato. Le altre categorie di spesa riguardano consulenze, ricerche, gestione dell'ufficio, utilizzo di reti pubbliche di consultazione di dati, convegni e sostegno delle attività politiche. Una seconda quota del rimborso, pari al 50%, continua ad essere erogata forfetariamente.

La stretta non è stata votata all'unanimità. L'Italia dei valori, con Silvana Mura, ha votato no alle nuove norme sui vitalizi perché avrebbe voluto una riforma più severa, che facesse piazza pulita dei «diritti acquisiti», facendo salvi solo quelli di chi già percepisce la pensione. La Lega si è astenuta.

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