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Questo articolo è stato pubblicato il 31 gennaio 2012 alle ore 12:49.

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Adriano Celentano (LaPresse)Adriano Celentano (LaPresse)

Gli indignados per il solito compenso a cinque zeri concesso a Sanremo, che si vocifera sarà dato quest'anno anche ad Adriano Celentano (anche se il molleggiato, è stato annunciato dalla Rai, lo darà tutto in beneficenza), lo sappiano: una volta esisteva un tetto per quello stipendio lampo, che già nel 2007 si calcolava sulla stessa retribuzione del primo presidente di Cassazione che oggi campeggia negli articoli dedicati ai tagli dei costi della politica. Solo che quel tetto venne come si dice bypassato.

Cinque anni fa, infatti, fu una circolare dell'allora ministro per le Riforme Luigi Nicolais a scardinare quel famoso tetto di 272mila euro che la finanziaria (si chiamavano così) aveva posto come massimo per "dirigenti pubblici esterni e consiglieri dei ministeri e società pubbliche non quotate", nelle quali rientrava appunto la Rai. Motivo per cui Pippo Baudo, che quell'anno presentò il festival con Michelle Hunziker, per salire sul palco dell'Ariston mise in tasca 800mila euro.
La motivazione del ministro fu che l'applicazione del tetto al caso di Sanremo avrebbe alterarto «il normale esplicarsi del confronto aziendale ponendo la società a prevalente partecipazione pubblica in una situazione di svantaggio alterando significativamente le regole del mercato della concorrenza».

E' vero che nel 2007, mentre Sanremo andava in onda, oltreoceano i dipendenti di Lehman Brothers se ne stavano seduti, sicuri e fieri alla loro scrivania che "la crisi dell'euro" suonava come il titolo di uno spettacolo del Bagaglino. Ma oggi che quel titolo corrisponde alla più preoccupante realtà e abbiamo aperto la nuova era della sobrietà, la solita polemica sui compensi si accende ancora di più. Celentano, che prenderebbe 300mila euro a puntata per un tetto massimo di 750mila nel caso dovesse partecipare a tutte e quattro, è finito nel mirino del partito dei pensionati, della senatrice Adriana Poli Bortone di Grande Sud («uno schiaffo a chi soffre»), del deputato Pd Marco Carra («compenso sproporzionato e immorale»), che ha anche depositato un'interrogazione parlamentare sugli eccessivi compensi della Rai.

L'anno scorso era stata la Lega a scagliarsi ferocemente contro Roberto Benigni e i suoi 500mila euro di compenso, addirittura citando, ma erano altri tempi, lo stipendio dei paralmentari: «Il patriota Benigni - diceva il senatore Cesarino Monti – con la sua morale di 30 minuti prende il 60% in più dell'indennità di carica di un anno di un parlamentare italiano. Dove sono i precari e coloro che vivono con 1200 euro al mese?», si chiese con un certo coraggio. Fu il conduttore Gianni Morandi (600mila euro lordi) a rispondergli: «Benigni dovrebbee essere pagato quattro volte di più di quanto la Rai deciderà di pagarlo».

Ma tutti i compensi impallidiscono di fronte al milione di euro tondo tondo che nel 2009 ebbe Paolo Bonolis. Che si giustificò dicendo che erano 8 mesi di lavoro pieno, di impegno 24 ore su 24, e definendo le critiche frutto «dell'acrimonia di persone che portano dentro delle infelicità». L'anno dopo, però, Antonella Clerici prese la metà di Bonolis, 500mila euro, e fece interviste a Cassano (150mila euro), Jennifer Lopez (si dice, favoleggia, 800mila euro) e Dita Von Teese (70mila auro con spogliarello burlesque incluso. Economico, tutto sommato). Quell'anno all'Ariston c'era andato anche il leader del Pd Pier Luigi Bersani con la figlia Elisa «perché siamo un partito che sta con la gente che soffre, ma anche dove la gente si diverte». La gente "sobria" era ancora una variante da scoprire.

Insomma, torniamo a Celentano: prenderà «350 mila euro se si esibirà una sola sera, 700 mila euro se si esibirà due sere e fino a 750 se le serate diventeranno di più», ha detto il direttore artistico del festival, Gianmarco Mazzi. La sfilza di zeri resta, ma in tempi di crisi, comunque, la beneficenza è una scelta saggia e anche un'ottima scappatoia.
Lo stesso artista ha comunicato come intende devolvere il compenso: «Ha contattato sette sindaci - ha aggiunto Mazzi - quello di Verona Tosi, di Milano Pisapia, di Firenze Renzi, di Roma Alemanno, di Napoli De Magistris, di Bari Emiliano e di Cagliari Zedda e ha chiesto loro di segnalargli i nomi di famiglie in condizioni di assoluta povertà. Se percepirà 350 mila - ha detto ancora il direttore artistico - destinerà 100 mila euro ad un ospedale di Emergency e 250 mila a tredici famiglie. Nel caso di 700 mila euro di compenso, 200 mila andranno a due ospedali di Emergency e 500 mila a venticinque famiglie; gli eventuali 50 mila euro in più consentiranno di portare a ventisette il numero delle famiglie aiutate. Celentano - ha concluso - si farà carico di tutte le tasse».
Dettagli opportuni, soprattutto dopo che il direttore di Rai Uno Mauro Mazza aveva annunciato la presenza di Celentano al festival con un paragone calcistico: «Noi il nostro Tevez l'abbiamo ingaggiato. E il nostro Tevez si chiama Adriano Celentano». Paragone che poteva suonare molto infelice, perché l'attaccante argentino ha appena firmato un contratto da 220mila sterline a settimana con il Manchester City.

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