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Questo articolo è stato pubblicato il 02 febbraio 2012 alle ore 09:02.

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ROMA. Serve una «vera trattativa» sul mercato del lavoro, il confronto non può ridursi ad una semplice «presa d'atto delle volontà del Governo». È questo il messaggio lanciato alla vigilia del tavolo di Palazzo Chigi da Cgil, Cisl e Uil al termine dell'incontro con Confindustria che si è svolto ieri mattina per fare il punto sulle rispettive posizioni.

«Vogliamo un negoziato con il Governo che porti ad un'intesa sui temi del lavoro, della crescita, della creazione dell'occupazione e del fisco», ha spiegato il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso. I tre leader sindacali hanno condiviso le preoccupazioni delle imprese sul tema degli ammortizzatori sociali, convinti che la priorità per il prossimo biennio sia quella di assicurare le risorse necessarie per confermare l'attuale sistema di sostegno al reddito.

«Ci sono alcune questioni da limare - ha detto il numero uno della Cisl, Raffaele Bonanni –, come garantire le tutele dei lavoratori migliorando il sistema degli ammortizzatori, ma siamo assolutamente contrari ad avventure e nuovi strumenti, quando non ci sono i soldi». No, quindi, a fughe in avanti che stravolgano l'attuale sistema, anche se in prospettiva, una volta superata l'emergenza, bisognerà tornare alla funzione ordinaria della Cig evitando l'uso estensivo dell'ultimo biennio. «Abbiamo registrato una sufficiente vicinanza di opinioni – ha aggiunto il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti –. Non c'è un documento, l'obiettivo dell'incontro con Confindustria non era prefigurare una conclusione di una trattativa, che si fa con il Governo». Per sindacati e Confindustria bisogna puntare sul collegamento tra ammortizzatori sociali e politiche attive del lavoro, anche con l'utilizzo delle risorse della bilateralità.

La principale divergenza riguarda l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, che prevede il reintegro per i licenziamenti senza giusta causa o giustificato motivo nelle aziende con più di 15 dipendenti. È difeso da tutti i sindacati: «Se c'è una cosa che non si può dire oggi è che non c'è un'ampia uscita dal lavoro – afferma Camusso, riferendosi agli ultimi dati si licenziamenti –. Se si sostiene che il problema è l'articolo 18, allora si deve avere il coraggio di dire che si possono fare licenziamenti discriminatori. Ma la riduzione dei diritti non è la strada per la buona occupazione». I sindacati sono disponibili, invece, a chiedere al Governo una "corsia veloce", con il ricorso alle procedure d'urgenza per ridurre i tempi del contenzioso sui licenziamenti: «Si può ragionare sull'eliminazione di aspetti patologici come le lungaggini burocratiche – afferma il segretario generale aggiunto della Cisl, Giorgio Santini - con un intervento di manutenzione per far funzionare meglio la disciplina sui licenziamenti.

Sono possibili convergenze senza diminuire le tutele dei lavoratori, restituendo certezze alle imprese». Santini ricorda che «le sentenze spesso arrivano dopo 4-6 anni», «l'azienda se condannata può avere gravi problemi economici, dovendo corrispondere gli arretrati», ma «anche il lavoratore è penalizzato dall'incertezza». Per i sindacati, inoltre, il lavoro flessibile deve costare di più; la maggiorazione dei contributi servirà a finanziare gli ammortizzatori sociali, che potranno così essere estesi agli "atipici". Il modello è il lavoro in somministrazione che potrebbe assorbire molte tipologie contrattuali flessibili.

Quanto alle buste con proiettili e minacce indirizzate ai leader di Cgil, Cisl, Confindustria e al ministro del Lavoro, Susanna Camusso ha auspicato che «la giustizia faccia il suo corso», per Luigi Angeletti sono «assolutamente inaccettabili, estremamente gravi».

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