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Questo articolo è stato pubblicato il 02 febbraio 2012 alle ore 06:40.

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Un patteggiamento da un anno e due mesi di reclusione, con sospensione della pena, più la restituzione alla Margherita di circa 5 milioni. È la proposta con la quale il senatore del Pd (ieri il partito lo ha espulso dal gruppo di Palazzo Madama) ed ex tesoriere dei Dl Luigi Lusi punta a uscire dall'inchiesta che lo vede indagato per l'appropriazione indebita aggravata di quasi 13 milioni del disciolto partito. Una proposta ancora informale che il procuratore aggiunto di Roma, Alberto Caperna, e il pm Stefano Pesci ritengono non congrua. Ma la trattativa è avviata e quasi sicuramente andrà a buon fine. L'accordo potrebbe chiudersi con una condanna a poco meno di 2 anni con la condizionale, considerato che per l'appropriazione indebita la pena massima è di tre anni.

Sulla disponibilità dei pm a concedere sconti influirà molto quello che Lusi farà per restituire il maltolto. Al momento è stata formalizzata una proposta per la restituire subito ai Dl 5 milioni di euro, garantiti da una fidejussione sul proprio patrimonio personale. Lusi ha fatto sapere di non poter fare di più, visto che dei 13 milioni contestati, 5 sono stati pagati a titolo di tasse. Restano fuori 3 milioni che la Margherita potrebbe transare, imputandoli a compensi mai riconosciuti all'ex tesoriere. Secondo fonti vicine al dossier, la trattativa potrebbe chiudersi su queste basi, forse con un lieve ritocco ai 5 milioni che Lusi si dice pronto a restituire.

Conclusa questa partita, i pm chiuderanno l'inchiesta. Che ha ancora punti oscuri. Come è possibile che per tutto il periodo in cui Lusi ha attinto liberamente dalle casse del partito (da gennaio del 2008 ad agosto del 2011) nessuno si sia accorto di nulla? Perché, nonostante le segnalazioni di «opacità» da parte di diversi esponenti dei Dl, il Comitato di Tesoreria presieduto da Gianpiero Bocci e l'organismo di verifica del partito (ne facevano parte, tra gli altri, Rosy Bindi, Dario Franceschini, Giuseppe Fioroni ed Enrico Letta) non si è mai azionato? Difficilmente l'inchiesta risponderà a queste domande. Per contestare reati come la negligenza o l'omesso controllo occorre che tali condotte siano frutto di una scelta volontaria. Ipotesi quasi impossibile da dimostrare.

Intanto nel Pd non si placa il dibattito sul caso. Per Enrico Letta è una «vicenda incredibile». «Nel 2006 – accusa il senatore Marco Stradiotto - la campagna di Prodi l'abbiamo fatta coi fichi secchi, proprio perché Lusi aveva chiuso i cordoni della borsa». Intanto cresce il tam tam per le dimissioni o, in alternativa, l'espulsione di Lusi, dal senatore Ignazio Marino al responsabile economico Stefano Fassina, primo dei non eletti candidati a subentrare all'ex tesoriere. Ma su Facebook l'interessato fa sapere di «impegnarsi a non subentrare a Lusi e a lasciare il seggio a Brunella Ricci».

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