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Questo articolo è stato pubblicato il 04 febbraio 2012 alle ore 09:25.

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Cento miliardi di dollari all'anno. È questa la posta in palio. Perché l'agenzia fiscale Usa Irs stima che a tanto ammonta l'evasione fiscale dei cittadini americani con conti bancari offshore.
Il bersaglio Number One è ovviamente la Svizzera, paradiso fiscale per antonomasia da sempre.

Ma è solo negli ultimi anni che Washington ha cominciato a giocare duro. Nel 2008 il Dipartimento della Giustizia ha costretto Ubs ad ammettere di «aver partecipato a una frode fiscale contro gli Stati Uniti». L'anno successivo il colosso della finanza elvetica ha pagato 790 milioni di dollari di multa e rivelato i nomi di 4.705 clienti americani. Una «soffiata» che ha fatto sentire il suo impatto su decine di migliaia di altri contribuenti Usa con conti non dichiarati all'estero, improvvisamente stimolati a partecipare al «Programma di palesamento volontario» dell'Irs. Negli ultimi tre anni la finestra di quel programma è stata aperta tre volte. E oltre 33mila contribuenti americani vi hanno fatto ricorso pagando 4,4 miliardi di dollari. Per arrivare al target dei 100 miliardi ne corre però ancora molto. Ed è per questo che Washington ha alzato il tiro spostando la propria attenzione su 11 altri istituti.

La vicenda della banca privata Wegelin è emblematica della determinazione americana. Perché la più antica banca elvetica, che nei suoi 270 anni di storia era sopravvissuta a Napoleone e Hitler, non solo è stata rinviata a giudizio ma anche costretta a rinunciare alla propria indipendenza con una vendita al prezzo di saldo al gruppo Raiffeisen. «La situazione potenzialmente letale dovuta al conflitto legale con le autorità statunitensi ha costretto me e il mio socio storico Otto Bruderer a prendere questa dolorosissima decisione», ha spiegato Konrad Hummler, socio amministratore di Wegelin.

Ma sia negli Usa sia in Svizzera è convinzione diffusa che l'offensiva americana non sia destinata a esaurirsi lì. Al contrario. «La fine della banca Wegelin è solo il preludio di un fortissimo attacco al settore finanziario svizzero», ha detto l'ex amministratore delegato di Ubs Oswald Gruebel con un commento che pare insinuare il dubbio di un complotto ordito dai giganti di Wall Street.

In realtà, l'offensiva giudiziaria Usa ha una sponsorizzazione più politica che finanziaria. L'amministrazione Obama e i suoi alleati in Congresso, a partire dal senatore del Minnesota Carl Levin autore di una proposta di legge chiamata Stop Tax Abuse Act, sanno infatti di avere l'appoggio dell'opinione pubblica e di non correre il rischio di ostruzionismo da parte del partito repubblicano.
C

on Ubs Washington è consapevole di avere aperto una piccola fessura che sta incrinando la diga della segretezza bancaria elvetica. Ora vuole andare avanti fin quando la falla non diventerà incolmabile. E decine di miliardi di dollari rifluiranno nelle casse del suo erario.

cgatti@ilsole24ore.us

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