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Questo articolo è stato pubblicato il 09 febbraio 2012 alle ore 08:09.
L'ultima modifica è del 09 febbraio 2012 alle ore 07:36.

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La parola magica per uscire dalla crisi dei 380 miliardi del debito greco è "orderly": il default della Grecia, perché di questo si tratta quando i creditori detentori di titoli di Stato non sono rimborsati integralmente e puntualmente allo scadere di cedole e bond, dovrà essere "ordinato", cioè pilotato, scritto a tavolino con la partecipazione volontaria dei privati.

Una formula d'obbligo per contenere quel rischio-contagio che altrimenti impazza. Se tutto andrà bene nei prossimi giorni e settimane, il gran disordine che regna sovrano dal 12 aprile 2010, dal primo pacchetto di aiuti alla Grecia da 110 miliardi (80 Eurozona, 30 Fmi), si dovrà trasformare in ordine.

Per riordinare l'appartamento greco nel condominio dell'Eurozona, tutti i conti dovranno tornare. Fino a ieri sera, non tornavano. Il mix delle cifre, la cui somma deve portare alla sostenibilità (debito/Pil al 120% nel 2020), è su tre piani: le misure di rigore sui conti pubblici e di rilancio dell'economia che spettano alla Grecia per assicurare crescita nominale e surplus primario; il secondo pacchetto di aiuti da Eurozona e forse Fmi - tra 130 e i 150 miliardi - che contribuirà alla ristrutturazione dei titoli di Stato, alla ricapitalizzazione delle banche greche e al rifinanziamento del debito in scadenza per un notevole numero di anni, abbattendo e stabilizzando l'onere degli interessi sul debito; la riduzione di 100 miliardi dal valore facciale, non di mercato, dello stock del debito pubblico negoziabile (su 280 miliardi di titoli di Stato in circolazione di cui circa 200 a media-lunga scadenza detenuti dai privati) tramite un accordo volontario con i creditori privati.

Gli analisti delle grandi banche creditrici erano intenti ieri sera a rifare i calcoli: ma sia la formula della sostenibilità del debito pubblico greco, sia l'entità del nuovo pacchetto di aiuti Ue-Fmi sono rimaste in sospeso perché subordinate al successo del cosiddetto "Psi", il coinvolgimento dei privati nella ristrutturazione dei titoli di Stato greci. Atene si appresta a siglare un primo accordo con l'Iif (l'istituto della finanza internazionale che rappresenta almeno il 50% dei privati) per un haircut del 50% del valore facciale dei bond greci (corrispondente a una perdita del valore di mercato Net present value del 70% circa se legato a una cedola al 3,5% sui nuovi bond che sostituiscono i vecchi).

Ma per funzionare veramente e "ordinatamente", e cioè per tagliare lo stock dei titoli da 200 miliardi a 100 miliardi, questo accordo dovrà essere sottoscritto tra il 95% e il 100% dei sottoscrittori privati, si spera volontariamente. Se questo non dovesse avvenire in maniera volontaria, l'obiettivo dovrà essere raggiunto con l'imposizione. La Grecia potrebbe trovarsi costretta a inserire in via retroattiva le Clausole di azione collettiva (Cac) nei titoli di Stato domestici (240 miliardi su 280 al settembre 2011) e ad applicarle alla ristrutturazione per imporre a tutti i sottoscrittori privati e non (la Bce possiede una quota stimata tra 45 e 55 miliardi) l'haircut al 50% e la cedola al 3,5% sui nuovi bond dello swap. Per evitare il coinvolgimento di Eurotower nell'haircut, i titoli greci acquistati con il Securities markets programme dall'Eurosistema potrebbero essere venduti dalla Bce alla Grecia oppure all'Efsf prima dell'attivazione delle Cac: ieri sera questa opzione non risultava tra le soluzioni ponderate.

Nel mettere ordine, il disordine non potrà che aumentare. Sbrogliata la faccenda del "Psi", gli Stati dell'Eurozona e l'Fmi (il Fondo sarà della partita solo se riconoscerà la sostenibilità del debito greco) dovranno stabilire i dettagli del secondo pacchetto di aiuti: coinvolgendo per la parte europea l'Efsf. Per il fondo salva-Stati temporaneo (in attesa dell'Esm) sono previsti vari interventi: l'erogazione di prestiti alla Grecia (a 15 anni con tasso al 3,5%?) per un importo forse di 80 miliardi; l'emissione di Efsf-bond con scadenza di uno o due anni per 30 miliardi da dare ai sottoscrittori privati dello swap sul debito (così sarà saldata la tranche del 15% in cash in attesa del contante); il conferimento di Efsf-bond "virtuali" (non collocati sul mercato) per 35 miliardi alla Bce per la fase transitoria in cui le banche greche consegneranno come collaterale titoli in selective default; l'emissione di Efsf-bond tra i 30 e i 40 miliardi che saranno trasferiti allo Stato greco per ricapitalizzare le banche. I conti finali saranno però quelli di Eurostat che ha il suo di ordine: resta da chiarire se tutti gli Efsf-bond per la Grecia, collocati e non collocati, verranno contabilizzati nei debiti pubblici degli Stati garanti del fondo salva-Stati. All'Italia, come noto, spetta una quota del 19% circa.

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