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Questo articolo è stato pubblicato il 09 febbraio 2012 alle ore 08:10.
L'ultima modifica è del 09 febbraio 2012 alle ore 07:35.

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La Grecia ha bisogno di denaro fresco entro il 20 marzo quando verranno a scadere obbligazioni pubbliche per oltre 14 miliardi di euro. Mancano quindi ben sei settimane alla scadenza cruciale. Eppure, le pressioni perché il via libera al secondo programma di aiuti al Governo greco giunga rapidamente sono evidenti.

Le ragioni sono tutte da ricercare in una trafila tecnico-politica ricca di tranelli. «C'è tutta una serie di transazioni e atti giuridici che devono essere effettuati perché il denaro venga versato ad Atene», spiegava lunedì Amadeu Altafaj, il portavoce della Commissione europea a Bruxelles. «È molto complicata. Posso assicurarvi però che stiamo cercando di comprimere al massimo la sequenza degli avvenimenti». L'accordo sulla Grecia dovrà tra le altre cose incassare delicate ratifiche parlamentari, in particolare in Germania, Olanda e Finlandia. Il pacchetto prevede accordi sia sulla ristrutturazione del debito che sull'adozione di misure di austerità con le banche private, con la troika e con i Governi europei. A seconda dei casi, le varie intese devono essere accettate dal Parlamento greco, dal mercato, dal Fondo monetario internazionale e dalla Banca centrale europea, dall'Eurogruppo e in alcuni casi anche da singoli Parlamenti nazionali perché il piano da 130-145 miliardi è nuovo rispetto a quello precedente del 2010. Ieri da Berlino, Michael Meister, il portavoce per le questioni finanziarie del Partito democristiano del cancelliere Angela Merkel, ha spiegato che il Parlamento tedesco potrebbe riunirsi in sessione straordinaria fin dalla settimana prossima. Il benestare tedesco non sembra in forse.

Più complicato appare il via libera in altri Paesi. L'Olanda è attraversata da ondate di crescente sfiducia nei confronti della Grecia. Il ministro delle Finanze Jan Kees De Jager è arrivato al punto di minimizzare martedì le conseguenze di un'uscita della Grecia dalla zona euro. Peraltro, il Governo Rutte è un Esecutivo di minoranza, appoggiato dall'esterno dal leader populista Geert Wilders. Questo aspetto non può che preoccupare i partner europei. In Finlandia, la questione che ancora deve essere risolta è quella del collaterale legata a nuovi prestiti, una condizione senza la quale Helsinki si rifiuterebbe di partecipare al nuovo salvataggio.

L'accordo è stato trovato nel 2011 con i partner europei, ma i dettagli tecnici devono ancora essere definiti con Atene. Come l'Olanda e la Finlandia, il Paese scandinavo vive con crescente insofferenza la vicenda greca. I servizi del consiglio europeo hanno preparato una possibile tabella di marcia, tutta da mettere alla prova dei fatti. Spiega con un certo nervosismo un diplomatico europeo: «I tempi sono strettissimi». L'intesa per una ristrutturazione del debito greco, trovata a grandi linee con le maggiori banche internazionali, dovrà essere presentata al mercato perché sia valutata e accettata dagli investitori privati più piccoli. Solo questa fase potrebbe durare anche due settimane.

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