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Questo articolo è stato pubblicato il 08 febbraio 2012 alle ore 06:38.

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Sull'emergenza neve scende in campo il presidente del Consiglio, Mario Monti. Convoca il Consiglio dei ministri, vede alle 15.00 il capo della Protezione civile, prefetto Franco Gabrielli, e subito dopo, alle 16.45 incontra i colleghi di governo per un'ora. La linea senza equivoci di palazzo Chigi è indicata dal comunicato finale. Monti ha informato i ministri sulle misure in atto e quelle in arrivo, viste le previsioni su una nuova ondata di maltempo. Ma, quello che più conta, il premier lo ha fatto «sensibilizzando tutti i ministri competenti ad assicurare l'impegno più incisivo da parte di tutte le strutture del governo del territorio e delle imprese di gestione dei pubblici servizi».
Tanto per esser chiari, d'ora innanzi nessun responsabile di governo potrà chiamarsi fuori o ignorare le proprie competenze e responsabilità. Non ci sono allusioni, ma il caos sopraggiunto non ammetteva altre esitazioni. Senza trascurare un dettaglio finale: quelli in programma contro l'emergenza maltempo sono impegni e attività da svolgere «nel quadro del coordinamento esercitato dal Dipartimento della Protezione civile». Fine (si spera) dei giochi, delle polemiche, dei rimpalli e delle accuse mentre neve e ghiaccio sono ancora in gran parte dell'Italia e anzi incombono di nuovo minacciose.
L'incontro tra Monti e Gabrielli si è svolto insieme al ministro dell'Interno, Anna Maria Cancellieri, il viceministro all'Economia Vittorio Grilli, il sottosegretario alla presidenza del consiglio, Antonio Catricalà. Il prefetto ha illustrato «un'ampia relazione» sulla situazione in corso, spiega la nota di palazzo Chigi. La riunione ristretta è servita a mettere a punto proprio le cooordinate più operative, nell'immediato, vista anche la presenza del ministro dell'Interno con le sue prefetture sul territorio. L'interazione con il dicastero dell'Economia, invece, ha un ruolo diverso, altrettanto fondamentale: assicurare la garanzia e la copertura finanziaria in caso di intervento diretto, e non solo di coordinamento, della Protezione. È la trappola più volte denunciata da Gabrielli, che ieri al Senato ha definito il suo dipartimento «un tir con il motore di una Cinquecento». Per forza: ogni sua ordinanza, per decisione dell'allora ministro dell'Economia Giulio Tremonti, deve avere l'ok del Tesoro e il visto della Corte dei conti per essere operativa. Ieri, invece, in un colpo solo Gabrielli ha incassato copertura economica e soprattutto politica. Al massimo livello.
Ciò non significa che va esclusa una riforma dell'attuale assetto della Protezione civile (si veda Il Sole Ore di ieri). Non sarà fatta, ha confermato palazzo Chigi, sull'onda di un'emergenza ancora in corso. Il tema però è aperto, anzi: la riunione di ieri prima del Consiglio sancisce la sospensione della procedura di verifica e revisione dell'assetto istituzionale. La neve certo ha fatto emergere anche i problemi richiamati da Gabrielli.
Fabrizio Cicchitto (Pdl) invoca «una profonda riflessione per ripensare la struttura del Dipartimento». Anche per il presidente dell'Anci, Graziano Delrio, «è giunto il momento di un chiarimento urgente e serio delle competenze in materia di Protezione Civile». Il presidente della Conferenza delleRegioni, Vasco Errani, invoca la «riforma della legge 10 del 2011 che rappresenta un vero e proprio ostacolo da rimuovere per la piena ed efficiente operatività del sistema della Protezione civile italiana». Secondo Stella Bianchi (Pd) «va rivista la legge 10 approvata dal governo Berlusconi che toglie di fatto autonomia alla protezione civile». E Claudio Palomba, presidente del Sinpref (sindacato della carriera prefettizia) auspica che «Governo e Parlamento tengano conto della consolidata vocazione del ministero dell'Interno alla tutela dell'incolumità pubblica anche nelle sue componenti essenziali di protezione civile, cioè Vigili del fuoco, forze di polizia e prefetti».

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