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Questo articolo è stato pubblicato il 08 febbraio 2012 alle ore 06:40.

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ROMA
Per ora non è sciopero. La convocazione per stamattina a palazzo Chigi, con il premier Mario Monti, il sottosegretario alla Presidenza Antonio Catricalà e il ministro della Giustizia Paola Severino, ha congelato la decisione dell'Anm contro la norma-Pini sulla responsabilità civile dei magistrati, approvata dalla Camera e ora al Senato. «Una norma che va tolta di mezzo perché ha l'effetto di minare la libertà di giudizio dei magistrati e dunque di terrorizzarli», ha ribadito ieri il presidente dell'Anm Luca Palamara, prima della riunione del Comitato direttivo centrale, convocato la scorsa settimana subito dopo il sì di Montecitorio. Il Parlamentino dei giudici sarà riconvocato d'urgenza se il confronto con il governo «avrà esito negativo» e prenderà in considerazione «ogni iniziativa di protesta, nessuna esclusa».
L'Anm punta a far stralciare dalla legge Comunitaria 2011 la norma-Pini, dal nome del deputato leghista che l'ha presentata e che ieri ha confermato di aver ricevuto «minacce di morte». Le toghe ritengono che la materia della responsabilità civile vada disciplinata in un altro contesto, più appropriato, e non si accontentano di quanto ha finora detto il guardasigilli, che cioè la norma sarà «corretta» al Senato. Per il 14 è previsto anche un incontro con il presidente del Senato Renato Schifani. Un pressing che non piace né agli avvocati penalisti, critici con «i governi di turno» per il «trattamento di riguardo» riservato all'Anm, né al Pdl che accusa l'Associazione di ignorare «i rudimenti di diritto costituzionale» altrimenti non chiederebbe al governo di «togliere di mezzo una norma «all'esame del Parlamento».
Nel documento approvato dal Cdc, l'Anm afferma che la norma «amplia a dismisura» l'area della responsabilità civile, introducendo l'azione diretta nei confronti dei magistrati anche per contestare l'interpretazione del giudice. Ricorda che questa modifica non è stata affatto chiesta dalla Corte di Giustizia Ue, che ha fatto sempre «esclusivo riferimento allo Stato». «In nessun ordinamento democratico esiste una normativa come quella che ora viene proposta»: né negli Stati uniti né in Gran Bretagna né in Canada né in Israele (dove il giudice non è mai chiamato a rispondere per gli atti compiuti nelle sue funzioni) e neppure in Germania, Francia, Paesi Bassi e Svizzera. Inoltre, la norma contrasta con gli atti delle istituzioni europee, che escludono qualunque forma di responsabilità civile diretta dei magistrati. «Il principio "chi sbaglia paga" sempre invocato nella polemica contro i giudici - si legge nel documento - non tiene conto che in Italia già esistono ben cinque forme di responsabilità: penale, civile, disciplinare, contabile e anche professionale».
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