Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 09 febbraio 2012 alle ore 20:21.

My24
Jonny Wilkinson (LaPresse)Jonny Wilkinson (LaPresse)

Antivigilia del secondo turno del Sei Nazioni, con qualche (giustificata) apprensione per quanto riguarda l'"evento" di Roma, che segna l'esordio del torneo allo Stadio Olimpico. Inutile nascondersi che le previsioni di maltempo e nuove nevicate sulla Capitale non possono lasciare del tutto tranquilli sullo svolgimento della gara e su un regolare afflusso degli oltre 70mila spettatori da tutto esaurito.

Italia con un paio di cambiamenti interessanti (i veterani Bortolami per Van Zyl in seconda linea e Canale per Sgarbi nel ruolo di secondo centro) e con gli innesti in panchina di Mauro Bergamasco, Antonio Pavanello e della promessa Luca Morisi, trequarti centro milanese in forza ai Crociati Parma, e dunque unico esponente del campionato di Eccellenza tra i 22 scelti dal ct Jacques Brunel. L'Inghilterra conferma integralmente gli uomini scelti da Stuart Lancaster, tecnico ad interim, per il match vinto senza acuti sul campo della Scozia. Fra titolari e giocatori in panchina, sabato scorso c'erano addirittura otto elementi che non potevano vantare nemmeno una presenza con la maglia della Nazionale. La squadra è lanciata sulla strada di un rinnovamento spinto, favorito in un certo senso dalle brutte figure (in campo e fuori) che la Nazionale della Rosa ha collezionato ai Mondiali neozelandesi.

Ad autoescludersi, annunciando il ritiro dall'attività per quanto riguarda gli impegni con l'Inghilterra, è stato Jonny Wilkinson, mediano di apertura passato da giovane prodigio sul finire degli anni 90 a vecchio campione tramite una carriera esemplare e non proprio fortunata. Wilko, che è prossimo ai 33 anni, è l'uomo che segnò il drop della vittoria mondiale del 2003: Australia battuta in casa 20-17 grazie al calcio di rimbalzo con il destro (per lui, che è un mancino naturale) all'ultimo minuto dei tempi supplementari. Seguirono anni di problemi fisici talmente variegati da far pensare a un accanimento della sorte e a una fine prematura della parabola sportiva del ragazzo di Frimley (lo stesso paese del Surrey, di soli 12mila abitanti, dove è nato anche Toby Flood, che è indicato come il più probabile erede di Wilkinson, ma a Roma non sarà presente perché non si è ancora del tutto ripreso da un infortunio. Ma Jonny risorse in tempo per portare l'Inghilterra in finale ai Mondiali del 2007.

Adesso - dopo aver messo insieme 97 presenze e 1246 punti in test match internazionali, a soli quattro punti dal recordman del mondo attuale, l'All Black Dan Carter - continuerà a giocare solo per i colori rossoneri del Tolone, club francese ultramilionario, e potete stare sicuri che non lo farà solo per soldi: quello che a lungo è stato il rugbysta più pagato del pianeta (con fortune che all'apice della carriera si attestavano sui 2 milioni di sterline all'anno) non si è mai sottratto al lavoro sporco, portando a buon fine percentuali di placcaggio impensabili per un mediano di apertura vecchio stile ma insolite anche per tanti numero 10 degli ultimi tempi.
La conclusione del ciclo quadriennale che coincide con la Coppa del mondo ha indotto altri due grandi vecchi a lasciare le proprie Nazionali. La Scozia non potrà più contare sul piede spesso infallibile di Chris Paterson, che veniva fatto giocare quasi ovunque nel trequarti (apertura, ala, estremo) non tanto per eccezionali capacità nel singolo ruolo quanto per il tasso di realizzazioni. "Scusi, magari sbagliare una volta ogni tanto, quando gioca contro di noi?": ecco la scherzosa supplica di un giornalista italiano dopo quell'Italia-Scozia, che nel settembre 2007, a Saint-Etienne, determinò il passaggio ai quarti mondiali degli Highlander e l'eliminazione degli azzurri. Finì 18-16, e tutti i punti dei nostri avversari li segnò Paterson, con un 6 su 6 nei piazzati. D'altronde, con la maglia blu notte Chris seppe centrare proprio in quel periodo - da agosto 2007 a giugno 2008 - 36 calci fermi di seguito, senza sbagliarne uno. L'unico scozzese ad aver partecipato a quattro Coppe del Mondo si è ritirato a quasi 34 anni, non prima di avere centrato due record per la sua Nazionale: 109 presenze e 809 punti messi a segno.

Viaggia verso i 35 anni, invece, Shane Williams, sicuramente il più elettrico, il più veloce e il più spettacolare fra i tre grandi che hanno fatto un passo indietro. Un'ala quasi "minuta" (un metro e 70 per 80 chili, d'altronde anche Wilkinson e Paterson appartengono alla specie di rugbysti atletici e ovviamente robusti, ma con un fisico non stratosferico) che, dal 2000 al 2011, ha messo in croce le difese di tutto il mondo, trovando soluzioni e varchi imprevisti e imprevedibili, grazie a un intuito e a dosi di agilità e rapidità del tutto fuori dal normale. A quanto pare, il padre ha scommesso su Shane ancora ragazzino. E chissà quanto avrà dovuto sborsare quel bookmaker che, con un'alzata di sopracciglio, aveva accettato la puntata di un uomo molto fiducioso nel suo erede: "Mio figlio diventerà il giocatore di rugby che avrà segnato più mete per il Galles". Previsione avverata: e, aggiungendo ai 58 exploit e alle 85 presenze per la sua Nazionale altre quattro presenze e due mete per i British and Irish Lions, Williams è arrivato a 89 "caps" e 60 segnature in test match internazionali. Adesso giocherà fino al termine di questa stagione con gli Ospreys, poi lo stop sarà definitivo anche a livello di club. Di sicuro nei prossimi anni, ogni volta che il Galles faticherà a passare, i suoi ex supporter proveranno una terribile nostalgia.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi