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Questo articolo è stato pubblicato il 10 febbraio 2012 alle ore 06:42.

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LOS ANGELES
Cinque colossi bancari (Bank of America, JP Morgan, Citigroup, Wells Fargo e Ally Financial) sborseranno 26 miliardi di dollari per riparare una serie di abusi perpetrati ai danni di circa 750mila clienti inadempienti a cui era stato impropriamente pignorato l'immobile dopo lo scoppio della bolla immobiliare nel 2008. L'accordo risolve quindi in sede extragiudiziaria le inchieste avviate dai 50 stati americani e dal governo Usa contro le istituzioni finanziarie accusate di avere accelerato le procedure di pignoramento senza verificare le documentazioni e a volte addirittura falsificando firme.
I guai giudiziari legati alla crisi subprime non sono tuttavia interamente finiti per le banche nemmeno dopo la risoluzione delle inchieste statali. La Securities and Exchange Commission ha appena comunicato infatti di voler far causa a numerosi istituti finanziari per avere venduto obbligazioni basate sui mutui subprime senza specificare come previsto dalla legge il grado di rischio dell'investimento pur essendone a conoscenza. La Sec è sotto pressione per chiudere la sua inchiesta prima che i presunti reati cadano in prescrizione al termine di cinque anni; la crisi subprime è ufficialmente scoppiata nell'autunno del 2008, ma le irregolarità sono probabilmente state commesse nei mesi precedenti.
L'amministrazione Obama si è affrettata a lodare l'accordo «di portata storica» sostenendo che si metterà fine a un'era di sregolatezza nel sistema bancario. Per dimensione la somma che verrà pagata dalle cinque banche è seconda solo ai 250 miliardi di dollari sborsati dal settore del tabacco nel 1998 per risolvere le cause avviate contro le società che avevano venduto consapevolmente un prodotto dannoso alla salute. Ma secondo i critici le banche se la caveranno con poco, e la cifra che dovranno sborsare di tasca propria sarà così bassa da non fare quasi differenza nei loro bilanci.
Le cinque banche si sono impegnate a devolvere 17 miliardi di dollari per "scontare" un milione di mutui "sott'acqua", cioè la cui entità supera il valore corrente dell'immobile. Una penale da un miliardo finirà nelle casse del governo, e altri tre saranno utilizzati per abbassare i tassi di interesse sui mutui accesi prima dello scoppio della bolla immobiliare. Le banche infine si sono impegnate a rimborsare in media 1.500-2000 dollari a tutti i clienti a cui era stata pignorata la casa tra il 2008 e la fine del 2011.
In cambio della loro adesione all'accordo, le banche hanno ottenuto una sorta di immunità da altre possibili cause legate ad abusi commessi durante e dopo lo scoppio della crisi subprime. Con due eccezioni: l'immunità vale per le cause mosse dagli stati e dal ministero della Giustizia ma non da quelle inoltrate da privati cittadini, e non si applica a reati legati alla vendita di obbligazioni e derivati basati su mutui immobiliari.
Pur offrendo una boccata di ossigeno a un milione di mutui sott'acqua, l'accordo non costituisce una panacea: il valore degli immobili resta del 33% inferiore al 2006. L'accordo non corregge inoltre un sistema che ha consapevolmente elargito mutui a chi non poteva permetterseli; e finisce per favorire con sconti e agevolazioni i debitori inadempienti ma non quelli che hanno continuato a effettuare i pagamenti mensili anche sui mutui sott'acqua.
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