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Questo articolo è stato pubblicato il 11 febbraio 2012 alle ore 09:23.
Ieri quando lo abbiamo visto appena prima di entrare agli incontri del New York Stock Exchange, Mario Monti, tradiva quel sorriso impercettibile che in lui, uomo di grande controllo denota grande soddisfazione. In quel momento era quasi alla fine della sua missione americana che, per ogni resconto stampa sia italiana che internazionale, non poteva essere andata meglio.
In effetti Monti oggi torna in Italia con un enplein su tre fronti, politico, finanziario e, cosa che non guasta mai, mediatico. Quella piccola increspatura delle labbra era dunque del tutto giustificata perché questo passaggio americano di Monti, non necessariamente facile, lo ha consacrato nel novero dei grandi leader internazionali.
Non che la strada sia in discesa, intendiamoci. Le sfide da superare sono molte, le cattive notizie non mancheranno mai – ieri abbiamo visto quella sul declassamento delle banche – ma da oggi con questo passaggio americano, Monti ha superato l'esame più difficile, torna più forte e porta con sé una conseguenza non da poco e non assaporata ormai da molto tempo dagli italiani: quella di poter cominciare ad avere orgoglio nel proprio Paese al di fuori della moda e del calcio.
È di questo che si parlava in continuazione negli ultimi due giorni su Twitter, il termometro più immediato dei movimenti tendenziali. E il recupero dell'orgoglio, per questo viaggio, per i riconoscimenti, per i risultati conseguenza dei sacrifici, può fare miracoli nella coscienza collettiva di una Nazione.
Il primo "paniere" ha riguardato la politica. Monti ha legato con Barack Obama e ha occupato il vuoto lasciato dalla latitanza inglese, con Londra che non può più essere per l'America un interlocutore, un ponte credibile vis-a-vis con l'Europa continentale. Monti ha anche dato un'idea molto concreta di come proseguirà nel cercare l'obiettivo più importante sul piano economico: favorire una convergenza fra Germania e Stati Uniti e passare dalla fase dell'austerità a quella della crescita economica. Lo farà con il dialogo, con la spiegazione delle diverse posizione con la tecnica della "comprensione" sia sul piano interno che su quello italiano. Sul palcoscenico americano infatti in questi ha portato con se tutti gli attori più importanti perché il "progetto Italia" si traduca in un successo, ha ricordato il lavoro di Silvio Berlusconi nella prima fase dell'austerità, ha riconosciuto la disponibilità dei sindacati, ha auspicato che il «calo del tono polarizzato» possa continuare a diminuire, ha ringraziato, anzi ha reso omaggio alla Germania per tutto quel che ha fatto finora «Portando la cultura della stabilità e del rigore in Europa».
Ha persino legato con John Boehener, il Presidente repubblicano della Camera, e ha spiegato come gli attacchi dei repubblicani contro l'Europa sono privi di fondamento. Poi la parte economica, il quadro che ha dato Monti è stato impeccabile: i conti tornano, è solo questione di tempo. Infine la parte mediatica. È raro che un leader italiano riceva una copertina di Time, ancora più raro che gli si attribuiscano meriti che vanno al di là dei confini nazionali. Time giovedì ha scritto che Monti potrebbe essere l'uomo «per il risanamento dell'Europa». Il ponte transatlantico è costruito. Adesso bisogna attraversarlo.
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