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Questo articolo è stato pubblicato il 10 febbraio 2012 alle ore 06:42.

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di Antonella Scott
Una corposa "una tantum" per legittimare le privatizzazioni inique degli anni 90: in vena di promesse pre-elettorali, che in questi giorni lo vedono spaziare dal ritorno all'ora invernale al rimborso dei piccoli azionisti, Vladimir Putin si è avventurato ieri su uno dei terreni più spinosi della storia russa recente. La svendita dell'economia di Stato a quelli che sarebbero diventati gli oligarchi, in moltissimi casi tramite accordi stretti dietro le quinte e aste sospette. «Dobbiamo voltare pagina», ha spiegato il premier che il 4 marzo punta a tornare presidente, strizzando l'occhio ai moltissimi cittadini ed elettori che considerano l'ingiustizia sociale il primo male del Paese. Eppure fu proprio Putin, al suo arrivo al potere nel 2000, a promettere tranquillità agli oligarchi se solo avessero accettato di non occuparsi di politica.
Ora uno di loro, Mikhail Khodorkovskij, è in carcere: la sua banca Menatep comprò per 300 milioni di dollari Yukos, compagnia petrolifera che presto sarebbe stata valutata 30 miliardi. Altro protagonista di quegli anni "selvaggi" è Boris Berezovskij, che vive in esilio a Londra e da lì punta il dito ogni giorno contro il Cremlino. Un altro ancora, Mikhail Prokhorov, sta per sfidare Putin alla presidenza: lui, tra gli uomini più ricchi di Russia, ha già promesso che venderà ogni avere non appena verrà eletto, «donando quasi tutto il ricavato in beneficenza». I sondaggi gli lasciano solo il 4% dei consensi: ma in ogni caso, come sarebbe possibile ricondurre a una tassa ciascuno di questi uomini, ogni transazione illegale, ogni proprietà che ispiri dubbi? «Dobbiamo pensare insieme a qualcosa», dice Putin senza specificare meglio ma Anatolij Ciubais, padre delle privatizzazioni "alla russa", sostiene che questa sia una missione impossibile: «Non conosco nessun Paese in cui il problema sia stato risolto in modo legittimo», ha commentato.
Un gran sapore di campagna elettorale ce l'ha, del resto, anche la conferma che la seconda banca del Paese, Vtb, compenserà i piccoli azionisti russi per un'offerta pubblica sfortunata che li vide acquistare nel 2007 azioni passate da un valore di 13,6 copechi ai 6,8 attuali. La banca - di propria iniziativa, ha precisato Putin - riacquisterà le azioni al loro valore originario, un'iniziativa che a Vtb, calcola il presidente Andrej Kostin, costerà tra i 15 e i 18 miliardi di rubli, 500-600 milioni di dollari. Un regalo ai piccoli investitori, dicono gli analisti. Quella "classe media" che sta scendendo per strada a protestare.
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